Di capre e di pascoli

DI CAPRE E DI PASCOLI

di Raffaele de Seneen  e  Romeo Brescia

Documento Caprai

ASF-Intendenza di Capitanata -Atti di Polizia-b.196 fasc.3872

La data – 17 marzo 1860 – del documento conservato presso il nostro Archivio di Stato ci riporta indietro nel tempo non tanto per quello trascorso, oltre un secolo e mezzo, quanto per il contesto in cui la questione si svolge. Un contesto che di lì a poco cambierà completamente dal punto di vista storico e sociale.

Foggia è ancora la città più importante, dopo Napoli capitale, del Regno delle due Sicilie, gli abitanti di Borgo Caprai, una zona ai margini dell’abitato, continuano nella loro attività tradizionale di allevatori di capre.

Quest’ultimo particolare, che può apparire di colore, fa capire che nella Foggia dell’epoca, appena “fuori porta”, si possono trovare luoghi dove portare gli animali al pascolo. Ma è anche l’epoca in cui il fenomeno della transumanza sta cedendo il passo al dissodamento delle terre e ad una agricoltura più diffusa. Per cui, le capre nel loro andare attraversano e rasentano ortali e seminati, e per distrazione, voluta o meno del capraio, approfittano di quel verde che più facilmente trovano a disposizione.

Da ciò ne deriva denuncia da parte di qualche danneggiato a cui fa seguito il richiamo da parte del Commissariato di Polizia della Provincia di Foggia che convoca i caprai e “dopo averli fortemente redarguiti”, li sottopone “all’obbligo di non arrecare per lo avvenire alcun danno colle loro capre in qualunque fondo di questi proprietari, e specialmente nei seminati”, prevedendo “in caso di trasgressione” ben “ventinove giorni di carcere”.

La lettera chiude con un giusto rilevo ed un saggio suggerimento: “… le fo rimarcare che essi caprari non hanno pascoli assegnati per cui si dovrebbe provvedere per non farli irrompere nelle altrui proprietà”.

Sono un po’ i dissidi, a volte anche cruenti, che sorgono fra chi possessore/coltivatore di terra ne vorrebbe ancora di più e protegge gelosamente quella che ha, e chi allevatore allo stato brado di bestiame vorrebbe sempre più pascoli ed è contro confini e steccati che limitano il suo libero andare.

Comunque quello fu solo l’inizio dei problemi che assillarono i caprari di Foggia.

Infatti, col passar del tempo e l’espandersi del tessuto urbano cittadino i pascoli diminuirono di consistenza e diventarono sempre più lontani dal loro Borgo, tanto che man mano abbandonarono l’allevamento delle capre per dedicarsi a quello delle vacche allo stato stanziale.

Nel 1927 oltre 250 vacche e 500 capre giravano ancora per le strade di Foggia due volte al giorno.

Ma anche questa conversione non ebbe lunga vita. Le loro stalle ormai si trovavano inserite nell’abitato cittadino e l’usanza di girare per le vie con una mucca al seguito per vendere il latte munto sul posto contrastavano con motivi d’igiene, per cui nel volgere di poco tempo dovettero cessare la loro attività. La cosa non fu indolore, né priva di contrasti e contestazioni.

Fu la fine di Borgo Caprari e di quella gente che per generazioni aveva portato avanti un’attività che a pensarci bene aveva anticipato di qualche secolo la filiera corta e il chilometro zero.

Dalla lettera si evincono anche i nominativi dei caprari convocati, ci piace riportarli qui di seguito a ricordo del loro duro e umile lavoro.

S.Cavallone – G. Galiano – G.Faleo – G. Piserchia – V. Fasano – G. Grazioso – M. Curci – F. Iusi – A.Pocchia –M. Piserchia –A. Carchio – Larotunda – R.Rosania – G. La Rotunda – F. Cappucci – F. Curci – F. Curci – G.Cividella – M.Calabrese – M. Nigri – P. La Rotunda

 

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