Fronn’ e limone

FRONN’ E LIMONE

 di Raffaele de Seneen  e  Romeo Brescia

O “canto a fronna”: particolare, melodioso, di difficile esecuzione, sul quale, rispetto all’origine, le opinioni divergono:

 “…. è una particolare forma di canto campano, eseguito a distesa e senza accompagnamento strumentale.
Per quel che riguarda i testi, in genere si attinge ad un vasto repertorio di ‘fronne’ che però, a seconda della circostanza, possono essere variate, rimescolate o improvvisate in parte dall’esecutore ( e ciò avviene massimamente quando le ‘fronne’ sono articolate tra due o tre persone che si rispondono e dialogano con tali canti).
Per questa loro disponibilità al dialogo, le ‘fronne’ sono state anche utilizzate come comunicazione con i carcerati. Infatti per il passato, era abbastanza frequente sentire il cantare sotto le carceri alcuni tipi di ‘fronne’, articolate da parenti o amici di reclusi. Spesso erano informazioni che si davano al carcerato, messaggi d’amore, parole di conforto, il tutto articolato con un linguaggio oscuro e gergale che sfuggiva anche alla comprensione dei secondini…”

[da “Canti e tradizioni popolari in Campania” di R. De Simone – Ed. LATO SIDE]

“Le fronne ‘ e limone derivate stilisticamente dai canti di mietitura, rappresentavano nel passato, un modo di comunicare tra chi stava in carcere e gli amici o parenti che sostavano fuori o di fuori alle mura di cinta. I contenuti sono i più svariati (amorosi, licenziosi, satirici, di vendetta, ecc.) e sono frammisti con notizie da comunicare all’esterno”.

Un esempio:

“Fronn’ e limone a te ggiure davand’a dDie vaglione non t’abbandone

[omissis]

E carceratille stasera a tu famme nu segne di carta alla mane”

[da “Archivio sonoro della Puglia” – Fondo Rinaldi – Cerignola – Le voci del canto bracciantile]

 Come si vede invece, è sul fine più pratico e principale che la convergenza si ritrova: comunicare, e comunicare fra chi è “dentro” e chi è fuori, cioè fra carcerati e parenti, e amici.

E’ possibile immaginare che anche a Foggia, nel passato, si siano avvalsi di questo modo di comunicare, giacché non è mancato mai un certo tasso di delinquenza e criminalità, quindi di carceri e carcerati.

Ed è ancora Arturo Oreste Bucci, una “bella penna”, che ci ha lasciato tanti interessanti e colorati “quadretti” di vita cittadina, che nella rubrica “Vecchia Foggia”, sul Corriere di Foggia del 13 giugno 1948, in un articoletto titolato proprio “Fronn’ e limone”, racconta:

“…. Aspetto bieco, molti dei quali con cicatrici sulla faccia …. Dal fazzoletto di seta annodato al collo, dai pantaloni stretti al ginocchio ed a campana sulle scarpe. Questi esseri spregevoli attingevano i mezzi di vita dallo sfruttamento delle donne, dal furto e dai ricatti …

Posti preferiti dei loro duelli al coltello….erano il colle dell’Aquila, oppure una radura nei pressi del boschetto della villa comunale.

Di sera, negli ultimi anni del passato secolo, avventurarsi in certe strade periferiche, quali quelle del rione del Carmine, via Orientale, alle spalle della Chiesa delle Grazie, per il piano delle fosse, era veramente preoccupante…”

 Data la situazione, e le continue preghiere e proteste inviate dalla cittadinanza al Governo:

 “Nel ’95 o ’96, arrivò il liberatore ,nella persona del maresciallo di P.S. D’Alessandro, il quale ebbe l’abilità di far piazza pulita di questa marmaglia”

Il D’Alessandro compilò un elenco di otre 500 “affiliati della Capitanata” sulla scorta del quale, successivamente, in meno di ventiquattro ore “Cinquecento manigoldi passarono alle carceri”.

L’ex carcere di Sant’Eligio

L’ex carcere di Sant’Eligio

 Ed a proposito di carceri, dalle scarse notizie trovate sul sistema carcerario di Foggia risulterebbe che lo stesso ebbe attuazione, o miglior definizione, col trasferimento nella nostra città della “Dogana delle pecore” nel 1468, il cui grosso apparato trovò ubicazione in un edificio che affaccia”sulla strada maestra di Pozzo Rotondo”, attuale Piazza Federico II.

Infatti, al primo piano fu allocato il Corpo di guardia e le carceri che comprendevano: carcere criminale, nuovo carcere dei locati, carcere della corsea, carcere delle donne, di San Francesco e di Sant’Antonio.

Il terremoto del 1731 compromise seriamente detta struttura, per cui la Dogana trovò nuova ubicazione in un seminario in costruzione “in località Madonnelle appena fuori Porta Reale”, per cui i lavori di ultimazione vennero accelerati e già agli inizi del 1734 furono pronti i locali per le carceri e l’archivio.

Un po’ più avanti nel tempo, la storia carceraria di Foggia si incrocia con la vita di un personaggio particolare: Antonio Silvestri (1773 – 1837), un sacerdote foggiano vissuto e morto di colera contratto mentre curava i colerosi foggiani (Ancora non lo fanno santo!).

Don Antonio Silvestri fu il primo sacerdote ad occuparsi di carcerati facendo sì che nei giorni di festa ricevessero un pranzo dignitoso come se fossero stati in famiglia.

Fra le tante sue opere, va ricordato il “Conservatorio del Buon Consiglio” dove dette accoglienza e ospitalità a donne in miseria e prostitute ravvedute.

Il Conservatorio ebbe sede in uno stabile donato dalla famiglia Mastrolilli (Piazza Sant’Eligio angolo Via Sant’Antonio), a cui lui aggiunse, collegandola alla prima, una costruzione, adiacente il lato destro della Chiesa di Sant’Eligio, edificata su un suolo donato dal Marchese Caggese.

Tale compendio, o ciò che resta, fu successivamente (1945?) proprio adibito a carcere, dopo che i bombardamenti del ’43 avevano seriamente danneggiato il carcere esistente, “ ‘u càrcere vècchije “, così lo ricordano i più anziani, che si trovava nel sito dell’ex ONMI, oggi sede dell’Assessorato comunale alle Politiche Sociali, di fronte all’ex Distretto militare, sul cui muro, una targa marmorea, ricorda il soggiorno in quel carcere di Antonio Gramsci nel 1928.

Carcere - Gramsci 1L’ex carcere di Sant’Eligio, fallito miseramente, qualche anno fa, un progetto di ristrutturazione e recupero per adibirlo a casa di accoglienza di senza dimora, oggi mostra ancora la tristezza delle sue facciate biancastre sulle quali spiccano, nere e robuste,  grosse grate di ferro, come occhi sbarrati, e attraverso vedi il cielo che si fa spazio fra il tavolame del tetto crollato.

Da anni Foggia ha una più moderna Casa Circondariale in zona Casermette

 

COPYRIGHT © 2016 TUTTI I DIRITTI RISERVATI

 

Articoli recenti