L’ANTICA DOGANA: Il Palazzo che c’è

L’ANTICA DOGANA: Il Palazzo che c’è

di Eugenia Russo

A chi viene per la prima volta a Foggia, ho sempre amato descrivere la mia città come la “città di ciò che non c’è”.

La nostra Patrona: misticamente e misteriosamente avvolta nei suoi sette veli e che nessuno conosce né sa descrivere.

Il castello federiciano: sventrato e distrutto a tal punto da rimanerne solo l’arco di una porta.

I palazzi ottocenteschi dove è nato U. Giordano o dove ha sostato B. Cairoli: caduti sotto l’incuria dei proprietari, la cupidigia dei palazzinari e l’ignavia degli amministratori.

Laddove gli assedi, i terremoti, i bombardamenti non hanno cancellato per sempre la nostra memoria, ci ha pensato la mano dell’uomo edificando grossi condomini (di dubbio gusto) abbattendo edifici storici; basti dare uno sguardo a Piazza Cavour.

E l’Antica Dogana? No. L’Antica Dogana, forse perché caduta nell’oblio, non ha seguito la stessa sorte ed è ancora oggi un “Palazzo che c’è”.

Esso sorgeva, da epoche remote, se ne hanno notizie già nel XV secolo anche se parte delle fondamenta e dei piani terra si crede possano essere di epoca federiciana (siamo nel bel mezzo del castello svevo), nella parte finale della “Via Maestra di Pozzo Rotondo” (attuale Corso Vittorio Emanuele II/Piazza Federico II), un lato era prospiciente alla Via dei Mercanti (oggi Via Arpi) e la parte retrostante su Vicolo e Salita dell’Annunziata).

Il Palazzo era costituito da due piani fuori terra. Il piano terreno ospitava: le scuderie, la pagliera, la carbonaia, il corpo di guardia, ben sei carceri (di S. Francesco, di S. Antonio, della Corsea, dei Locati, delle donne e il carcere criminale) oltre all’ingresso principale che potava ad un cortile di piccole dimensioni.

Un altro ingresso si trovava sul retro (oggi è il secondo ingresso della Scuola G. Pascoli) e, tramite un porticato coperto, accedeva al medesimo cortile. Da questo, tramite una scalinata si andava al primo piano.

Il primo piano era destinato in parte ad uffici (tribunale, salone de’ Locati o del Teatro, sala del governatore, precettoria, segreteria) e per la restante parte, la maggiore, ad appartamento del governatore.

Il tutto era coperto dal tetto tranne una piccola zona su cui insisteva una sopraelevazione, prospiciente in massima parte verso l’attuale Vico Mastrolillo, destinata ad archivio e da accesso ai sottotetti destinati a granai. Questa zona si raggiungeva tramite scala interna.

Così si presentava, sommariamente, il Dohanal Palazzo fino al terremoto del 1731.

Detto terremoto ebbe una forte scossa martedì santo 20 marzo 1731, ad essa seguirono altre scosse di minore intensità fino a quella ancor più terribile del 7 maggio dello stesso anno.Con la prima scossa il palazzo subì notevoli danni specie nella zona prospiciente la Via Maestra di Pozzo Rotondo, mentre la zona verso la Salita dell’Annunziata fu meno interessata; probabilmente il terrapieno di detta salita (ancora oggi esistente) ha fatto da contrafforte all’immobile ed ha anche in parte assorbito la forza sismica.

La Corte di Napoli inviò alcuni regi ingegneri a quantificare i danni e fu fatto un preventivo (dopo la seconda scossa) di 9.500 ducati.

Da Napoli si tentennò a lungo, poi si decise il 14 gennaio 1733 di dare inizio ai lavori di ricostruzione dello stabile.

A lavori iniziati, improvvisamente il Governatore marchese Ruoti acquista da mons. Faccolli, vescovo di Troia, il costruendo Seminario in zona Madonnella fuori a Porta Reale (odierna Piazza XX Settembre).

Così la Dogana cambiava sede e provvedeva a modificare i costruendi ambienti in base alle esigenze del governatorato.

E la vecchia sede?

Dopo non molto tempo la Dogana provvedeva a vendere l’immobile per 4.230 ducati (valore di un rudere) alle Suore del Venerabile Monastero della SS. Annunziata (oggi scuola elementare) le quali vi risiedettero sino al 1862 dopo averlo fatto riattare con notevoli varianti.

Prima di parlare delle varianti debbo specificare che le suore dell’Annunziata erano suore di clausura e che il palazzo della Dogana (che d’ora in poi verrà definito “Antico” per distinguerlo dal nuovo) non erano adiacenti, ma erano separati dalla Salita del Vicolo dell’Annunziata.

Come poter quindi accedere all’altro immobile senza uscire dal convento?

Il problema fu presto risolto. Tutta la zona dello stabile che era prospiciente alla Strada Maestra, con i sui affacci su una via molto frequentata mal si conciliava con la loro Regola e quindi provvidero a vendere e/o fittare tutto il primo piano e i piani terra di Piazza Federico II e di Vico Mastrolillo, tenendo per sé la proprietà del cortile e dei piani terra confinanti con la salita di Vico Annunziata e sul quale non c’erano affacci.

Con il ricavato delle vendite ad alcuni notabili dell’epoca che trasformarono le sale, il tribunale, le carceri, in appartamenti di propria residenza, sopraelevarono un secondo piano e fecero costruire sulla Salita dell’Annunziata un corridoio, sorretto da un arco, che collegava il primo stabile al secondo.

Il cortile interno fu ampliato abolendo il porticato coperto, il carcere delle donne e la carbonaia  a piano terra; la Sala del Governatore, la scalinata, il passetto più altre due stanze al primo piano. Tutti gli affacci degli appartamenti e dei piani terra furono murati lasciando solo delle piccole finestrelle opportunamente chiuse da cancellate di ferro onde evitare che i privati si affacciassero nel cortile del monastero.

Il secondo piano che copriva interamente la superficie dell’Antica Dogana, probabilmente era privo di finestre per la parte afferente Piazza Federico II e Via Arpi, e quelle che si vedono oggi sono frutto di un rifacimento di fine ‘800 per adattare le stanze, forse celle, ad aule.

Le celle prendevano luce indiretta dalle  ampie vetrate dei corridoi che affacciavano nel cortile  e su Vico Mastrolillo queste ultime   sono ancora in stile tardo settecentesco, quelli nel cortile di foggia squadrata sono del dopoguerra.

Con l’Unità d’Italia e con l’abolizione di molti monasteri, l’immobile divenne di proprietà pubblica e vi fu stabilito l’Istituto Tecnico (per geometri) e Commerciale (per ragionieri) “P. Giannone”

Dopo la seconda guerra mondiale fu trasformato in Scuola Elementare “G. Pascoli”.

Ma lo stabile ebbe ancora dei rifacimenti poiché colpito  durante il secondo conflitto bellico soprattutto nel tratto di Corso Vitt. Emanuele, lì sono stati rifatti sia il piano terra, sia il balcone del primo piano, trasformando i tre affacci in un unico balcone e sia all’interno del cortile creando alcuni affacci e una veranda.

L’adeguamento alle nuove esigenze e la vetustà dell’immobile hanno sempre dato luogo a nuovi interventi di ripristino e non sono mancate delle scoperte anche macabre. Infatti negli anni 90, per l’installazione della caldaia a metano (nel primo corpo di fabbrica dell’allora convento) furono scoperte alcune tombe delle suore di clausura, le quali non potevano uscire dal convento neanche da morte. Le stesse venivano sepolte sedute e molte di loro avevano in grembo il cadavere di alcuni bambini. Scandalo! Relazioni segrete? Infanticidi? Niente di tutto ciò. Durante la peste del ‘600 il convento divenne sede di un lazzaretto per bambini e per la penuria di sepolture furono tumulate con le suore.

Che l’Antica Dogana ci possa celare nelle sue fondamenta qualche segreto? Forse. 

Ma questa è un’altra storia……. 

 

 

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