U’ munacìlle

U’ munacìlle

di Raffaele de Seneen  e  Romeo Brescia

U Munacil

Il monachicchio, il piccolo monaco, un’usanza rimasta in vita almeno fino a 50-60 anni fa, poi man mano accantonata e persa nel tempo.

Era quella di vestire un bambino, ma capitava anche alle femminucce, con un saio marrone scuro e un cordone bianco in vita, come un Sant’Antonio in miniatura.

Il periodo di vestizione probabilmente era legato all’importanza che si dava all’aspettativa: una guarigione, una grazia, un miracolo per lo stesso piccino che per un certo periodo di tempo veniva lui stesso dedicato al santo perché questi si facesse interprete della richiesta.

Altre volte rappresentava il ringraziamento per quanto richiesto e ricevuto.

San Vincenzo Ferrer

San Vincenzo Ferrer

Epoche in cui il sacro e il profano si confondevano e godevano di pari dignità e valenza: il quadro del Cuore di Gesù appeso ad una parete della casa e di fronte il ferro di cavallo, con qualche immaginetta sacra, sul retro della porta di casa, l’uria della casa, lo scazzamurriello (folletto), ‘a malòmbre, il santino e un piccolo corno tenuti dallo stesso filo al collo di bambini ed adulti.

La vestizione veniva spesso immortalata in un foto-ricordo, a futura memoria di un momento o un evento importante. Molte di queste foto poi finivano sotto una campana di vetro per santi e madonne, o in uno scaravàtte (teca in legno), appuntati con uno spillo sui vestiti delle statuette. Un rafforzativo, una ulteriore richiesta di intercessione.

Sacro e profano, come fede e speranza.

Munacil 1

 

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