AUTARCHIA

“Lampi, storie & scorie di una guerra”

 

AUTARCHIA

di Raffaele de Seneen  e  Romeo Brescia 

         Autosufficienza economica, detta anche “economia chiusa”, quella attuata durate il “ventennio” per far fronte alla limitazione delle importazioni comminate con le sanzioni.

Il genio italico, fra orgoglio e presunzione, ebbe di che sbizzarrirsi: al posto del the il carcadè, i fiori di una pianta coloniale, orzo e cicoria per sostituire il caffè, dal latte e quindi dalla caseina un tipo di lana, il lanital, come dalla ginestra e dai fiocchi di canapa il cofioc, un tipo di cotone.

E poi l’orbace, un panno assoggettato ad un particolare trattamento per renderlo impermeabile, dal vino l’alcool per far muovere i motori, il cuioital e cuoriacel: cascami di cuoio macinato, lattice di gomma, fibre vegetali, collanti, ecc.

Fu incentivato il consumo di riso per far fronte alla non autosufficienza di grano, e del pesce rispetto alla carne.

Nel Tavoliere di Puglia si provò a produrre gomma da una pianta, il guayule, non andò bene. [Nella primavera del 1940, in alcuni terreni a sud di Cerignola, fu costituito un vivaio con 25milioni di piantine di guayule].

La situazione di carattere generale, nazionale, ebbe a riverberarsi anche sulla vita delle famiglie che ricorsero ad ogni possibile forma di risparmio e riciclaggio.

Non è che la gente non fosse già esperta, abituata e dedita ad un modo di vita semplice, lo stretto necessario, niente di superfluo e voluttuario, certo è che quel periodo non lo migliorò; poi, il prima e il durante si confusero e ci portammo dietro, ancora per anni l’uso di passare i vestiti dismessi dai più grandi ai più piccoli che crescevano, quella sartoriale di rivoltare un cappotto, una giacca perché tornasse nuova.

E ancora di comprare indumenti nuovi per i ragazzi almeno una taglia in più, “con la crescenza”, sarebbero stati utilizzati per  più tempo. Risuolare le scarpe con i copertoni esausti di auto.

Le camice non avevano mai fine, già dotate in confezione di polsini e colletti di ricambio anche questi, una volta usurati, venivano sostituiti da un pezzo tagliato dalla parte posteriore, bassa, della camicia, poi opportunamente modellato. Il pezzo sottratto veniva sostituito da un altro di qualsiasi colore.

La carta di giornale opportunamente messa a mollo in acqua per poi confezionare palle ben pressate da far asciugare al sole e poi utilizzate come combustibile nella cucina economica.

Il sapone fatto in casa, il fiammifero già utilizzato che serviva ancora per passare il fuoco da un fornello acceso ad un altro da accendere. La liscivia per il bucato grosso ricavata dalla cenere del legno.

A questo ed altro ancora si aggiunse, nell’immediato dopoguerra, il riutilizzo di materiale militare alleato.

cancello costruito con PSP (grelle)

camion con grelle

 

Con le “grelle” metalliche per l’approntamento veloce di piste per aerei si fecero sponde per camion, recinzioni, porte e cancelli.

 

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I contenitori delle alette stabilizzatrici delle grosse bombe d’aereo divennero utili panchette, le cassette porta-munizioni vennero utilizzate per porta-attrezzi o porta-pranzo degli operai, dal tessuto dei paracadute si ricavavano persino vestiti da sposa.

 

 

secchio in tela utilizzato dalle truppe americane

 

 

I secchi in tela, utilizzati dalle truppe americane per l’approvvigionamento dell’acqua, trovano ancora oggi  impiego nelle nostre campagne.

 

 

vetro bombardiere americano

 

 

Tutto ciò che era possibile veniva riutilizzato e rimesso in circolazione. Di un aereo caduto se ne asportava fino all’ultimo pezzo, come questo frammento di vetro del finestrino di un bombardiere Americano.

 

 

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