I Veneti a Foggia 1917- 1918

I VENETI A FOGGIA 1917- 1918

di Raffaele de Seneen  e  Romeo Brescia

Le cronache locali di qualche anno fa (Il Provinciale del 14 settembre 2001) raccontano di un “pellegrinaggio” a Foggia di una quarantina di persone: i figli e i nipoti dei profughi di Caporetto che furono ospitati anche nella nostra città.

Alcuni discendenti dei Profughi di San Nazario insieme ad E. Campana in visita alla Chiesa delle Croci – Foggia.

Un evento poco conosciuto e sicuramente dimenticato che affonda le sue origini nella Prima Guerra Mondiale, quando, specialmente dopo la disfatta-ritirata di Caporetto, vaste zone del Veneto e del Friuli, a seguito dell’avanzata dell’esercito austro-ungarico, vennero evacuate dai civili che in tutta fretta dovettero lasciare ogni cosa (quasi niente trovarono al ritorno) e con un misero bagaglio furono caricati su carri merci e carri bestiame per destinazioni a loto ignote.

La coincidenza fra un esercito sbandato in ritirata e questo esodo di massa non poté che aumentare i disagi, le sofferenze ed i tempi di percorrenza.

Fra una prima ondata, ed una seconda, un po’ meglio organizzata, i profughi furono sparsi in diverse località del Paese, arrivarono con un viaggio di dieci giorni persino in Sicilia.

La Famiglia Perisello con i genitori  e i loro 12 figli.[1] In prima fila, da sinistra: Luigia (Gigetta), Tarcisa, la mamma Maria Biron, Rosalia, il papà Antonio Perisello, Giuseppe e Francesco. In seconda fila, da sinistra: Giovanna, Antonia, Giustina, Angela, Benedetto, Angelo e Matteo.  La mamma Maria Biron e le due figlie Gigetta e Rosalia furono tra gli sfollati a Foggia. 

Anche Foggia venne individuata come sede di arrivo, permanenza e smistamento. La costituzione di un Comitato Profughi, la carità e la solidarietà dei singoli e di organismi privati fecero fronte, così come poterono.

Il nucleo più grosso di profughi arrivati a Foggia proveniva da San Nazario Valbrenta (VI); partono dalla stazione di Solagna il 13 dicembre 1917, altre partenze ci sono state anche il 6 e 7 novembre.

La prima accoglienza a Foggia viene stabilita nelle Chiese, nei loro ricordi: “La Chiesa delle Croci, paglia sul pavimento e una coperta, chi ce l’ha, per dormire”.

Il biglietto da visita fatto stampare dal Commissario Prefettizio al suo insediamento a Foggia.

A Foggia viene “trasferito” e si insedia anche il Comune di San Nazario: “Capoluogo San Nazario sgombrato ragioni guerra trovasi con Municipio a Foggia […]” F.to Sindaco San Nazario Foggia Trattoria alla Rosa – Telegramma del 21 gennaio 1918.

A scrivere è l’Assessore Benacchio Gaetano, pro-sindaco di San Nazario a Foggia che trova alloggio con la propria famiglia nella Trattoria alla Rosa dove insedia anche la Casa comunale del suo paese.

Segue altra comunicazione: “ … che la sede municipale di San Nazario trovasi in un locale del Municipio di Foggia gentilmente concesso …”. – Telegramma del 28 gennaio 1918.

Carta Intestata usata dal Commissario Prefettizio nell’espetamento dei suoi compiti a Foggia.

Il trasferimento riguardò anche una grossa mole di materiale cartaceo, dai registri dello Stato civile a partire dal 1871, delibere, bilanci, ecc.

Il pro-sindaco, poi nominato Commissario Prefettizio, aveva il compito  di assistere sotto ogni forma i propri cittadini e di smistare alle famiglie sparse nella provincia  la  corrispondenza dei soldati al fronte.

Alla diaspora dei sannazzaresi nelle varie regioni, in quel di Puglia, segue una ulteriore divisione fra comunità civile e religiosa. Infatti, se il pro-sindaco e la Casa comunale restano a Foggia, la Parrocchia di San Nazario si insedia a Trinitapoli con il parroco don Pietro Dal Maso e quasi 400 paesani.

 La targa che indica la via a Trinitapoli

A memoria dell’evento, Trinitapoli ha dedicato una via cittadina: “Via profughi di San Nazario”.

Tutti i contatti fra i diversi gruppi sono tenuti da stimati volenterosi e  da religiosi. Molte volte il parroco scrive da Foggia al suo Vescovo per tenerlo informato, nell’occasione viene ospitato presso il Convento di Sant’Anna.

Fra sofferenze e privazioni la vita continua: si nasce, Maria figlia del Benacchio nasce a Foggia il 14 febbraio 1918, si muore per la malaria e la febbre spagnola, si convola a nozze sia tra paesani che con i “foresti”: Gheno Onorina e Curiale Alfredo di Foggia, si sposarono dopo la guerra a San Nazario.

Oltre a Foggia e Trinitapoli, i profughi saranno ospitati a Manfredonia, San Ferdinando, San Marco in L., Deliceto, Candela, Stornarella, Margherita di S., San Severo, Cerignola.

La guerra in atto, e un’economia di guerra che più si fa sentire nelle nostre zone già di per se povere, non facilita i contatti fra la gente del posto e i profughi, è gente sconosciuta, parla un’altra lingua, c’è molta ignoranza: “Ci ritengono stranieri, austriaci, quasi nemici!”.

I profughi ricevono un sussidio governativo giornaliero che per loro non è sufficiente, ma crea invidia nel nostro proletariato. I profughi si offrono a lavori sottopagati, a volte è una vera forma di sfruttamento ricattatorio, e anche questo crea problemi con la manovalanza locale.

Ma, ancor più della lontananza dal loro paese, i profughi, qui da noi, soffrono il caldo umido estivo eccessivo per loro che vengono da paesi montani, con boschi e tanto verde: “Qui non si trova legna da ardere, siamo costretti a cucinare con erba secca!”. Accusano il nostro clima che porta malaria e morte, tanto che chiedono insistentemente di essere trasferiti.

Bisognerà attendere tempi migliori sul fronte di guerra, quando il Governo dell’epoca potrà dedicare maggiore attenzione ai profughi che dopo la permanenza a Foggia, dal novembre 1917 al luglio 1918, vengono trasferiti ad Avellino.

Il loro rientro, ai paesi di origine, avverrà a scaglioni a partire dalla primavera del 1919

La famiglia Masullo. In divisa Pasquale Masullo, rientrato dal fronte di guerra a San Marco in Lamis, sposa Gigetta Perisello.

 

Stralcio dalle memorie di Dalla Zuanna Antonio, all’epoca profugo quattordicenne a Foggia.

“Lì a Foggia fummo alloggiati provvisoriamente in diverse chiese della città, due carabinieri erano continuamente di servizio alla porta […], da venti a trenta famiglie per chiesa, ci dettero un po’ di paglia e con qualche coperta che avevamo portato, si dormì lì alla meglio.

Venivano due volte al giorno a distribuirci del pane e della minestra (abbastanza buona), in più del latte per i bambini ei vecchi […] poco per volta cominciarono a trovarci degli alloggi, noi andammo ad abitare nella periferia in Via Tiro a Segno n. 3, due famiglie in una stanza, nove persone.

A far da mangiare in una vecchi cuciniera che ci avevano procurato era un problema, si bruciava dei fasci di  erba secca, poiché la legna in quei posti era rara, facevamo la polenta, spesse volte polenta e agnello o pesce che trovavamo buono a abbastanza a buon mercato […] il Governo ci dava una lira e venticinque centesimi al giorno e per persona (il sussidio), un litro di vino costava settantacinque centesimi.

Cosa importante ed inconveniente era l’acqua, si doveva comprarla, questo era grave […] la tiravano su dai pozzi.

Io lavorai un po’ alla stazione e per un po’ con donne e giovani del paese in una cantina grande e profonda per preparare la medicina che altre donne spargevano sui campi per distruggere le cavallette.

Per diversi mesi feci il cocchiere, cioè con un cavallo e un calessino condurre giornalmente il padrone nelle sue campagne  distanti circa quindici chilometri […] veramente non avevo gran da fare […] però andava male per il mangiare mezzogiorno, zuppa di finocchio col panne cotto assieme, come tutti gli altri operai che lavoravano là, ma io n on essendo abituato chiesi al padrone che mi fosse dato il pane asciutto , e così mi davano il pane con una specie di ricotta o formaggio bianco, che però andava giù meglio. Alla sera, tornati in città alla casa del padrone e con la sua famiglia, buonissima cena.

A tarda primavera ci distribuirono diverse scatole di chinino come cura preventiva per la malaria […] perciò mio padre, a causa di questa malaria, fece domanda di trasferimento […] l’11 luglio si partì da Foggia. (Destinazione: Perosa Argentina – TO)

 Fonti:

  • “Dalla Valbrentana al Sud”Ed. del Rosone – Foggia – 2016

  • “Il profugato di San Nazario” di E. Campana – 2010

  • Testimonianza diretta e ricordi di Maria Teresa Fuiano Masullo

  • [1] La foto è tratta dal libro: Quando a scuola andavo in bicicletta – Duilio Paiano – Edizione del Rosone – 2014

     
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