Rientro a Foggia dopo lo sfollamento

Rientro a Foggia dopo lo sfollamento

 Dai diari di mia madre Faustina Petrozzi

di Annamaria Petrozzi Simone

3. 10. 1943.

Partimmo con un carretto da S.Giovanni alle ore 15 giungendo a Foggia il mattino dopo alle 7 dopo aver trascorso la notte al podere N 18. Foggia era quasi deserta. Pochi civili in sosta presso l’ingresso del palazzo municipale, pochi soldati inglesi e moltissimi automezzi di passaggio provenienti da Bari e diretti verso Napoli. La giornata cupa e 5senza sole, dall’aria fresca autunnale e umida per le recenti piogge, metteva nell’animo una tristezza infinita mentre una commozione indicibile destava tutta la città abbattuta, martoriata, abbandonata, devastata da incoscienti vampiri. La via che conduceva al vigneto Scillitani (dove eravamo dirette) era desertissima, pur tuttavia io e Annamaria strette per mano ci facemmo coraggio e ci incamminammo col cuore gonfio di speranza alla ricerca dei nostri cari. La strada era malagevole per il fango prodotto dalla pioggia; qua e là si notavano piazzate delle mitragliatrici con soldati inglesi, i quali per la verità , per quanto io li avessi molto temuti, dato il luogo solitario , nulla ci dettero da lamentare.
Giunte al vigneto, come disperate cominciammo a chiamare forte: Adria!! Aida!!. Nessuna risposta. Un ostinato silenzio ci circondava in tutta quella immensa campagna. Il cuore cominciò a batterci forte. L’ipotesi che i nostri cari non ci fossero ci faceva paura .E tutto il nostro sacrificio per arrivare fin là? Chiedemmo di loro ad un colono vicino, il quale ci confermò che si erano trasferiti in città la sera innanzi. Non seppe dirci altro. Quale amara delusione! Non avemmo la forza di profferire parola; ci guardammo io e Annamaria …avevamo gli occhi pieni di lacrime mentre un gran nodo ci stringeva forte la gola. Avevamo una gran paura di ripeter sole quella strada solitaria , ma era necessario non attardarci per fare in tempo a ritornare a S. Giovanni nel caso, in città, non le avessimo rintracciate in alcun posto. Tenendo forte la mano di Annamaria ci rimettemmo in cammino. A circa un terzo della strada potemmo , per fortuna, prendere posto in un carretto di proprietà dalla famiglia Pepe, nostri conoscenti, che dalla campagna venivano a Foggia per caricare della mobilia. Erano le 10,00. La città era ancora disabitata. Molto traffico di militari, automezzi, carri armati , camion e altro. Passammo prima per l’abitazione di zia Teresina che trovammo ridotta in un mucchio di pietre; là, prima di partire per S. Giovanni , avevo avuto premura di trasportare alcune casse di biancheria e i materassi. Cosa era avvenuto di tutta quella roba? Chissà!…Continuammo dirigendoci verso il rione del Carmine sperando che i nostri cari fossero a casa di Ines. Infatti fu proprio così. Da lontano udimmo la voce di zia Adria che in quel momento ci parve ancore più cara, più bella, più preziosa .E’ inutile che io mi fermi a descrivere l’incontro con tutti. Finalmente dopo circa due mesi di inaudite pene, privazioni , umiliazioni, potemmo riabbracciarci e ricongiungerci per sempre con zia Adria, zia Aida, zio Peppino e Ciccio.

Sfollati

Sfollati da Foggia in una masseria in agro di  Manfredonia (Famiglia Brescia)

 

 

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