Una storia lunga da poter misurare in chilometri – Pastore Francesco

 

UNA STORIA LUNGA DA POTER MISURARE IN CHILOMETRI

PASTORE FRANCESCO

 di Raffaele de Seneen  e Romeo Brescia

Dall’Italia al fronte greco-albanese, poi Montenegro, Serbia, Russia, Kazahkistan e ritorno. E’ il viaggio, migliaia di chilometri di cui molti a piedi, che compie da quando è richiamato alle armi Francesco Pastore classe 1913 di Foggia, sarto di professione.

Di mezzo la guerra fino all’8 settembre ’43, poi il nulla.

Ed è proprio quel nulla, quel vuoto che riscontrerà in seguito sul proprio foglio matricola che un po’ lo stupisce, ma ancor più lo indigna.

La Patria non chiede al proprio “servitore” rientrato dalla prigionia, dall’internamento dove è stato, come è stato. Tutto resta nello scrigno dei ricordi personali: un periodo di prigionia è spesso più lungo della guerra guerreggiata, fatto di stenti, patimenti, umiliazioni, lavori forzati e malattie.

E’ per questo che Francesco nel 1981 prende carta e penna e scriva al Distretto militare di Foggia chiedendo di riempire quel vuoto che comunque gli appartiene ed è parte della sua vita, lo fa in maniera dettagliata e precisa, d’altronde è sarto: date, luoghi, nomi, eventi, ecc.

Francesco viene richiamato alle armi e imbarcato a Bari con destinazione Valona (Grecia) dove giunge l’8 settembre 1940.

Dall’ottobre 1940 all’aprile 1941 è impegnato in operazioni di guerra sul fronte greco-albanese, e su quello dei Balcani, in territorio jugoslavo dal luglio 1941 al settembre 1943.

Ora lasciamo che sia lui a raccontarci.

“L’8 settembre 1943 mi trovavo a Berame (Montenegro) con il 19° Rgt Art. R.M.V. – Divisione Venezia e dopo lo sbandamento scelsi di aggregarmi ai partigiani jugoslavi di Tito agli ordini del Generale Oksilio.

Il 5 dicembre 1943 venimmo catturati dai tedeschi e inviati nel campo di concentramento di Nis in Serbia, successivamente, nel gennaio 1944, spostati nel campo di concentramento di Minsk in territorio russo ancora occupato da truppe tedesche.

Qui ha inizio la prigionia dura: freddo, scarsa alimentazione, otite catarrale.

Iniziata la ritirata tedesca, era il 24 giugno 1944, iniziarono a spostarci verso ovest, percorremmo a piedi circa 280 chilometri. Eravamo diventati un peso per i tedeschi, ritardavamo la loro ritirata, così il 7 luglio ci ordinarono di scavare una fossa mentre alle nostre spalle piazzavano le mitragliatrici.

Fummo salvati dall’intervento di partigiani polacchi che ci lasciarono sul posto in attesa dell’arrivo delle truppe sovietiche in cui era riposta ogni nostra speranza di libertà definitiva.

Non fu così, perché i russi arrivati a fine luglio ci costrinsero ad un estenuante viaggio su carri merce che toccò prima Mosca, poi la catena montuosa degli Urali con destinazione finale il campo di lavoro di Karaganda nel Kazakhstan.

Qui fui assegnato al lavoro in miniera, circa 290 metri di profondità, alimentazione insufficiente, temperatura fino a 32° sotto zero, bronchite e aggravamento del mio problema alle orecchie. Dopo alcuni ricoveri all’ospedale da campo, resisi conto delle mie condizioni di salute e dello stato di deperimenti fui assegnato alla sartoria.

Il rimpatrio avvenne il 25 gennaio 1946, il lungo ed estenuante viaggio su carri merce si concluse ad Udine il 28 marzo”.

Una storia lunga da poter misurare in chilometri, giorni e patimenti.

PS: Si ringrazia il figlio Andrea per aver messo a disposizione documenti e memorie del padre.

Foggia e la Memoria – 27 Genn. 2021 consegnata a Francesco Pastore la “Medaglia d’onore ai cittadini italiani deportati e internati nei lager nazisti” in memoria del nonno paterno Francesco.

 

 

 

 

 

Foggia, La consegna della Medaglia d’Onore alla Memoria, dalle mani del Prefetto Raffaele Grassi al nipote Francesco

Pubblicato il: 28 Gen 2021

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