Storia di un rione cittadino – (Il Martucci)

STORIA DI UN RIONE CITTADINO

– Il Martucci – 

di Raffaele de Seneen  e  Romeo Brescia

L’individuazione e la denominazione nella toponomastica orale esiste dagli inizi del 1900 per la presenza di una fabbrica di biciclette, appunto quella dei Martucci. Oltre questa, una fabbrica di chiodi, poche casupole basse per operai e braccianti, orti, insomma piena campagna fuori dal centro cittadino.

Per arrivare alla situazione attuale e ancor prima al primo nucleo di fabbricati moderni (abitazioni) bisogna mettere in fila gli eventi della Seconda guerra mondiale, i bombardamenti aerei di Foggia, la distruzione di gran parte del patrimonio edilizio, i senza casa e le baracche in legno che li ospitarono per una decina d’anni in Via Montegrappa e non solo.

1945 – Gruppo di Baracche in via Montegrappa a Foggia

Proprio il passaggio dalle baracche al nuovo nucleo di nuove case (INA-CASA ferrovieri) costruite al Rione ebbe giusta rilevanza giornalistica e venne ripreso in questo breve ma interessante filmato d’epoca che l’amico Giuseppe d’Angelo ha ricercato tra i siti web e posto alla nostra attenzione. (Per vedere il filmato cliccare quì)

Sull’evento, inoltre, si allega qui di seguito una testimonianza del nostro concittadino Salvatore Pagano, classe 1952, che ancor bambino, all’età di quattro anni, con la propria famiglia si trasferì dalle baracche in una nuova casa assegnata al Rione Martucci.

Copia del contratto di assegnazione dell’alloggio del sig. Pagano Fernando papà di Salvatore.

Copia del contratto di consegna dell’alloggio al sig. Pagano Fernando papà di Salvatore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“La prima volta che sono andato al cantiere con papà ricordo una confusione indescrivibile era tutto in costruzione, papà mi diceva di stare attento dove mettevo i piedi. Raccattai da terra un chiodo lucido e molto lungo.

La seconda volta sempre con papà sono andato al cantiere per una cerimonia. Ricordo un sacco di persone, famiglie, discorsi, bandiere, foto e applausi.

Andammo ad abitare quasi subito. Il trasloco fu fatto utilizzando un carro con le ruote di gomma trainato da un cavallo. All’inizio eravamo senza acqua e senza luce. La prima andavamo a prenderla in ferrovia dai carri botte dove io leggevo “acqua potabile” e in casa veniva conservata nella “quartara” (Vaso in terracotta) sul marmo. Per la luce utilizzavamo candele e un lume a petrolio della nonna Antonietta. Ricordo che era un problema salire le scale al buio.  I nostri dirimpettai dimenticavano sempre di  acquistare i fiammiferi.

Sul carro del trasloco presero posto: Il letto, un baule di legno, una radio con giradischi, un guardaroba con porte scorrevoli, sedie , tavolo, biancheria, una poltrona letto da una piazza e mezza, una culla di legno bianca poi dipinta celeste, una”pibigas” (Cucina con fornelli a gas), un comò.

Ricordo i primi tempi il passare dei treni li guardavo dai balconi, Il grande rumore provocava le fastidiose vibrazioni dei vetri ai balconi e finestre. Papà corse ai ripari zeppando con gli stuzzicadenti i vetri.

Ricordo anche il via vai dei parenti che venivano a vedere la casa. Oltre la nonna e zia Clelia ricordo zio Aurelio che decantò tanto il nuovo bagno con il lavabo basso adatto a lavarsi finalmente bene.

Papà durante le visite al cantiere studiò bene l’esposizione, il piano dove scegliere l’appartamento.”

L’articolo dell’epoca sul giornale “Il Foglietto”  del 11 ottobre 1956 – www.internetculturale.it

 

-Il Filmato è stato realizzato da “Lucisano Patara Produzione Film”  patrocinato dalle Ferrovie dello Stato ed è conservato nell’Archivio Nazionale Cinema d’Impresa.      

 

  • Si ringraziano Giuseppe d’Angelo e Salvatore Pagano.

 

 

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