Storia di un’industria – La Cartiera di Foggia

 

STORIA DI UN’INDUSTRIA – LA CARTIERA DI FOGGIA

 

La provincia di Foggia, come ben sappiamo, è un territorio con attività prevalentemente agricola, negli anni non si è riusciti a dare la giusta spinta per un opportuno sviluppo industriale salvo alcune piccole realtà legate alla trasformazione dei prodotti agricoli e la produzione di macchine per la coltivazione degli stessi. In questo deserto industriale, ad eccezione di quello che succede intorno,  sorge l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato più familiarmente conosciuto da noi foggiani come la Cartiera.

La Cartiera, ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo socio-economico della nostra città, tanto che nel dopoguerra la fabbrica quasi totalmente distrutta, e con pressioni anche di carattere politico tese alla smobilitazione voluta dal mercato privato, misero in serio pericolo la sopravvivenza di molte famiglie che ne traevano sostentamento.

 Notevole e decisivo fu l’impegno dei lavoratori i quali, boicottati dagli stessi dirigenti romani, ripararono e riavviarono molte macchine distrutte dai bombardamenti pur di riprendere il ciclo produttivo e conservare l’insediamento della fabbrica a Foggia.   

Tanto andava precisato su questa fabbrica ma in pochi lo hanno fatto.

L’ex collega e amico Lorenzo Ventrudo scrisse un libro che racchiude alcuni cenni storici associati alle lotte operaie che vanno dal 1944 al 1947, “Lotte operaie nella Cartiera di Foggia”.

A riempire il vuoto storico, a partire dalla nascita dell’insediamento, ha provveduto Andrea Ostuni  Dottorando di ricerca presso Università degli Studi di Padova.

Andrea Ostuni ha studiato Storia e civiltà presso L’università di Pisa conseguendo la Laurea Magistrale nel 2016 con la discussione della tesi: “La cellulosa italiana. Promozione privata e intervento statale attraverso le iniziative della famiglia Pomilio. 1917-1963”.(cliccare sopra il Testo per visionare la tesi completa)

Della sua tesi molto articolata e piena di particolari, messa gentilmente a disposizione, riportiamo uno stralcio che racchiude le vicende della nascita di questa importante industria. 

Veduta dello stabilimento nei primi anni dalla nascita.

La battaglia del grano e la Industria Cellulosa d’Italia: Studio per una fabbrica a Foggia,

Nel corso del 1933 i fratelli Pomilio elaborarono un progetto che prevedeva la costruzione di un grande stabilimento nella provincia di Foggia per la produzione di cellulosa da paglia di grano, con annessa una cartiera per il ciclo integrale.

Gli autori del progetto, con lo scopo di ingraziarsi esponenti politici e membri del Governo al fine di finanziare la propria impresa, definivano lo stesso «il diretto sviluppo industriale della BATTAGLIA DEL GRANO», che avrebbe ridotto la «nostra servitù» nei confronti dei paesi esteri per l’importazione di cellulosa.

 L’aumento della superficie coltivata e della produttività per ettaro aveva portato nei primi anni ’30 ad un aumento di produzione di grano pari a circa 9 milioni di q.li annui, passando dai 57.172.500 del 1930 ai 66.452.500 del 1931 ai 75.150.000 q.li del 1932. Si arrivava addirittura a sostenere che «Una delle impreviste conseguenze della Battaglia del grano potrebbe essere un’Italia esportatrice di cellulosa».

L’aspettativa e la fiducia nelle sorti della politica agricola del regime vennero esaltate con toni roboanti in un articolo pubblicato nel novembre 1932 sul ‘Popolo di Foggia’: “Il biondo simbolico oro delle messi potrebbe diventare una realtà tramutando le inutili ceneri dei covoni bruciati in oro sonante”.

Ecco come dovrà essere completata la VITTORIA DEL GRANO ed ecco come Foggia potrà avere l’invidiato privilegio di dimostrare che oggi in Italia il Governo Fascista, mercé la nuova realizzazione, può dire al Popolo: Eccovi l’alimento del corpo e dello spirito; per ogni kilogramma di pane, un kilogramma di libri.

E sul retro del progetto è stampato a caratteri cubitali: “DAL GRANO IL PANE, DALLA PAGLIA IL LIBRO”, per indicare il legame tra il sostentamento materiale e spirituale dell’uomo.

Nel preventivo presentato, il costo complessivo dell’impianto di Foggia era così suddiviso:

Terreno

L. 50.000,00

Fabbricati e costruzioni industriali

L. 2.439.000,00

Macchinari ed apparecchi franco vagone stabilimento

L. 6.199.856,60

Fondazioni e costruzioni speciali

L. 260.283,00

Mano d’opera di montaggio

L. 256.950,00

Materiali vari di montaggio

L. 58.000,00

Direzione, assistenza e amministrazione degli impianti

L. 230.000,00

Spese generali di impianto

L. 120.000,00

Progetti di massima

L. 45.000,00

Progetto esecutivo

L. 180.000,00

Immobilizzo di magazzino

L. 600.000,00

Spese legali di costituzione

L. 150.000,00

Corrispettivo licenza brevetti

L. 500.000,00

Totale

L. 11.089.089,60.

A questo venivano aggiunti 2.230.000 lire per il capitale circolante, portando la cifra complessiva del capitale necessario a 13.319.089,60 lire, arrotondati a 13 milioni e mezzo.

L’impianto di Foggia proposto dai Pomilio (o meglio da Ottorino Pomilio, che ormai teneva le redini dell’azienda partenopea) e da Giulio Consiglio, veniva progettato per la produzione di 70.000 q.li all’anno di carta dall’utilizzo di 150.000 q.li di paglia con possibilità di raddoppiare e poi triplicare nel futuro.

Foggia era di gran lunga la provincia italiana con la più ampia produzione di grano stimata nell’anno 1931 in 3.209.700 q.li. La produzione di paglia era circa doppia rispetto a quella di grano, il che significava che sarebbe bastata meno del 2,5% della disponibilità di paglia della provincia per coprire il fabbisogno dell’impianto.

Per ciò che riguardava al momento l’uso della paglia, questa per il 15-30% veniva utilizzata, mentre il 70-85% veniva lasciato imputridire o era bruciato sul posto, il che fissava il prezzo di acquisto ad una cifra molto bassa.

Per quanto riguarda l’approvvigionamento, nel progetto elaborato si faceva riferimento al fatto che entro soli 15 km dall’area designata per lo stabilimento, erano disponibili 600.000 q.li di paglia, cioè quattro volte il fabbisogno. L’abbattimento dei costi di trasporto era presentato come il necessario complemento del basso costo di acquisto delle materie prime.

Per il rifornimento di sale necessario al processo di lavorazione, la posizione era considerata ottimale vista la vicinanza alla Regia Salina di Margherita di Savoia, situata a soli 55 km di distanza, la cui produzione annua era sensibilmente superiore agli sbocchi che offriva il mercato.

La soda caustica e il cloro necessari per il trattamento della paglia sarebbero stati utilizzati in proporzioni stechiometriche, nelle proporzioni cioè in cui erano prodotti dall’elettrolisi del sale; si decideva di rinunciare, a differenza della fabbrica di Rosario, alla produzione e commercializzazione di prodotti chimici collaterali, quali soda caustica e cloro-derivati, vista la saturazione del mercato italiano di quei prodotti.

L’elettrolizzatore utilizzato era, naturalmente, quello a diaframma da 3000 ampères, che portava i nomi di Francesco Giordani e Umberto Pomilio, «ben noto per il suo elevato rendimento, limitato costo d’impianto, facile condotta ed economica manutenzione».

L’energia elettrica necessaria era stimata in 1650 kWh, per oltre il 32% (550kw) forniti quali sottoprodotto gratuito del vapore destinato alla fabbrica di cellulosa ed alla cartiera, e per i restanti 1150 kw da rifornirsi all’esterno grazie al «poderoso ed esteso sistema di distribuzione ideato ed attuato dalla Benemerita Società Meridionale di Elettricità».

Il fabbisogno totale di acqua veniva stimato in 6500 mc. nelle 24 ore, di cui 3000 forniti dall’Acquedotto Pugliese al prezzo di 0,12 lire al m3 e 3500 ottenuti dal pozzo appositamente costruito, il cui prezzo era in funzione di quello dell’energia elettrica necessaria a pomparla ed a convogliarla, il cui costo veniva determinato in 0,025 lire al metro cubo.

In base a queste ed altre considerazioni, veniva stilato anche un preventivo di un anno di esercizio, confrontando il costo delle materie prime e dei consumi con quelli corrispondenti della fabbrica di Juan Ortiz di Rosario, per dimostrare la piena economia dell’impresa.

Nel corso del 1934 il progetto attira l’attenzione dell’Iri, attenzione sollecitata forse dal successo delle pressioni dei Pomilio nei confronti di Mussolini, imperniate sulla presentazione “nazionale” e “pre-autarchica” delle loro iniziative industriali, coerenti con la battaglia del grano.

Per la gestione dell’impianto di Foggia si ritiene opportuno creare un’apposita società, denominata Industria Cellulosa d’Italia (Incedit), costituita il 3 luglio 1934, con capitale iniziale di 100.000 lire, da aumentare gradualmente a 10 milioni, che «completati con L. 6 milioni che il Banco di Napoli ha promesso di concedere potranno bastare al fabbisogno preventivato.

Il capitale viene infatti diviso in un pacchetto di maggioranza pari a 6.500.000 di lire nelle mani della Cellulosa cloro soda (cioè indirettamente dell’Iri), e in due pacchetti di minoranza nelle mani il primo dei produttori di paglia e della Società fornitrice di energia elettrica (quindi la Sme) e il secondo dei detentori dei brevetti (quindi i Pomilio), per rispettivamente 3.000.000 e 500.000 lire. L’Iri decideva quindi di partecipare alla iniziativa tramite la Cellulosa cloro soda, mediante sottoscrizione ad un aumento del capitale di quest’ultima da 10 a 15 milioni di lire e tramite una concessione alla stessa di un nuovo finanziamento di 1 milione e mezzo. Ottorino Pomilio venne nominato amministratore delegato dell’Incedit.

I lavori di costruzione dell’impianto durarono 14 mesi, dal giugno 1935 all’agosto 1936. Con la legge n° 1453 del 13 giugno 1935, proprio mentre iniziavano i lavori per la costruzione dello stabilimento di Foggia, il governo fascista decideva di predisporre un organo di sostegno economico alla stampa con la costituzione dell’Ente nazionale per la cellulosa e per la carta. Alla presidenza dell’Ente era stato destinato proprio un foggiano, l’onorevole Gaetano Postiglione.

La figura del presidente Gaetano Postiglione, già commissario e poi presidente dell’Ente Autonomo per l’Acquedotto Pugliese dal marzo 1923 all’agosto 1932, è fortemente legata alla storia della cartiera di Foggia.

Postiglione, attaccato alla sua terra natia e alla possibilità di una «modernizzazione territoriale che va[da] ben oltre il comparto agricolo», era stato fra i primi a concepire la possibilità di sfruttamento delle paglie della Capitanata e della loro trasformazione in cellulosa. Tale possibilità era stata favorita da studi ed accertamenti effettuati dall’Ufficio speciale irrigazioni dell’Eaap sulla presenza di canali e falde freatiche ricche di acque, utilizzabili per scopi industriali.

Come già ipotizzato nel preventivo, prima ancora del completamento dei lavori per lo stabilimento di Foggia, si profilava la possibilità di raddoppio degli impianti. Nel novembre 1935 i fratelli Pomilio arriveranno a proporre un loro programma per la produzione di cellulosa nazionale, presentato per missiva al Ministro delle finanze Paolo Ignazio Maria Thaon di Revel. Nella lettera Ernesto Pomilio aggiornava il Ministro sullo stato dei lavori per gli stabilimenti per Foggia, che «potranno essere pronti nel Giugno 1936 – XIV». La produzione di Foggia, essendo limitata a soli 100.000 quintali di cellulosa annui, in parte trasformabili in loco in carta e in parte immessi sul mercato, rappresentava però solo il 4% del fabbisogno italiano di cellulosa, stimato in circa 2.500.000 quintali annui.

Ritratto di Gaetano Postiglione (1892 -1935) dipinto da Alberto Testi – Custodito presso la Pinacoteca Comunale 9Cento di Foggia.

 

Poco più di un mese dopo, il 19 dicembre 1935, Gaetano Postiglione, in quello che può essere considerato il suo testamento politico dato che di lì a sei giorni verrà a mancare stroncato da una broncopolmonite, scriveva a Thaon di Revel per appoggiare il programma proposto dai Pomilio. L’intero programma era considerato «meritevole di approvazione» non solo «per le considerazioni derivanti dall’attuale delicato momento politico ed economico» – ricordiamo che l’Italia era soggetta alle sanzioni della Società delle nazioni, operanti dall’11 novembre 1935 fino al 4 luglio 1936 – ma soprattutto «per consentire un più razionale ed organico sviluppo tecnico alla fabbricazione della cellulosa nazionale e migliorarne quindi il costo generale di produzione».

Per quanto riguarda l’impianto di Foggia, avvicinandosi il termine della costruzione, si affacciava il problema del collocamento commerciale della carta prodotta. All’Iri si presentavano tre alternative:

1) […] la piena lotta di carattere commerciale per l’affermazione del prodotto;

2) […] l’accordo con altri cartai;

3) […] la devoluzione del prodotto agli usi del Provveditorato Generale dello Stato per il

notevole fabbisogno di carta di questo.

Alla fine fu il Provveditorato Generale dello Stato, considerato il grande fabbisogno di carta, che evocò a sé tutta la produzione possibile dell’impianto di Foggia mediante l’assunzione in diretta proprietà dell’impianto stesso».

L’Incedit con tutte le sue attività e passività passò, tramite Regio decreto 9 luglio 1936 n. 1380 all’Istituto Poligrafico dello Stato (IPS), emanazione del Provveditorato generale dello Stato, alla dipendenza del Ministero delle Finanze, venendo di fatto nazionalizzata e divenendo a tutti gli effetti un’impresa pubblica.

Vista degli impianti produttivi e del complesso di alloggi per i dipendenti nel Rione Diaz

Anche le Autorità militari erano interessate a disporre di impianti elettrochimici capaci di fornire cloro», e per questo motivo già dal 1934 era stato eretto, per conto del Centro Chimico Militare, uno stabilimento ad hoc all’interno della fabbrica partenopea per la produzione di fosgene, che nel 1935 vide una produzione di 65.107 q.li.  Oltre a ciò, per sopperire all’assorbimento del cloro, la fabbrica si era data alla lavorazione dell’isogamma urea per conto di fabbriche di coloranti tessili.

Veduta dei ruderi del “Centro Chimico Militare” , alle spalle il complesso industriale dell’IPZS

 L’inaugurazione 

 Nell’agosto del 1936 terminarono i lavori di costruzione dell’impianto di Foggia. Agli impianti previsti dalla disciolta Incedit, il Provveditore generale dello stato Domenico Bartolini decideva di aggiungere una seccheria per la cellulosa destinata al mercato, da esportare o da immettere sul mercato nazionale, per evitare lo spostamento di grandi masse di acque che avrebbero aggravato i costi di trasporto; veniva prevista una seconda caldaia ad alta pressione, un aumento dei magazzini e la costruzione di una tettoia per lo scarico della paglia davanti all’officina di spolveratura. Inoltre le ricerche nel sottosuolo avevano dato esito positivo, consentendo un notevole risparmio nell’approvvigionamento idrico, al quale diversamente si sarebbe dovuto far fronte utilizzando le acque ad alto costo del Sele fornite dall’Acquedotto Pugliese. Infatti il programma definitivo prevedeva un complesso di dodici pozzi che avrebbe consentito un’erogazione di 500 litri di acqua al secondo, rendendo possibile il presupposto raddoppio della produzione.

L’impianto foggiano fu inaugurato l’8 dicembre 1936 (VIDEO), alla presenza del Ministro delle finanze Thaon di Revel in rappresentanza del Duce, del Ministro delle corporazioni Ferruccio Lantini, del Ministro di stato e presidente dell’Istituto poligrafico dello stato Pietro Fedele, del presidente dell’Encc Caradonna, insieme a «numerosi senatori e deputati, molti ufficiali generali delle forze armate, numerose personalità della scienza, nonché molti fra i più grandi industriali della carta venuti da ogni parte d’Italia. Erano presenti anche i fratelli Pompilio, detentori dell’omonimo brevetto».

Thaon di Revel, nel suo discorso inaugurale, ribadì l’importanza del complesso industriale, ricordò Gaetano Postiglione, «quello di uno che non è più, figlio diletto di questa Foggia che egli adorava, pioniere anch’esso del problema della cellulosa nazionale, e sempre presente nella memoria di noi:» e infine anche i due operai caduti vittime di un incidente sul lavoro durante la costruzione dell’impianto: Antonio Gervasio e Luigi Borgo.

Sull’architrave semicircolare del portale d’ingresso venne riportata la scritta:

“Labor omnia vicit improbus, et duris urgens in rebus egestas”

Ogni difficoltà è vinta dall’aspro lavoro, e dal bisogno che incalza nelle dure vicende

Operai della Cartiera con Ufficiali Tedeschi e Gerarchi fascisti – 1941

La fabbrica di Foggia garantirà lavoro a diverse centinaia di operai, e a poco meno di due anni dall’inaugurazione, si contavano nello stabilimento 1458 operai permanenti, 73 operai temporanei e 74 impiegati. La produzione giornaliera al 25 ottobre 1938 ammontava a 450 quintali di cellulosa di paglia, 80 quintali di cellulosa di sparto, dai 60 agli 80 quintali di pasta di legno, 50 quintali di pasta di stracci di cotone e 200 quintali di pasta da carta da macero.

A Foggia era stata raggiunta «la completa autarchia della carta nell’ambito della produzione statale», con una produzione media di 400 quintali giornalieri.

Foto dello stabilimento quando si lavorava la cellulosa paglia con il processo di sbiancamento con cloro e soda, anni 80

Foto panoramica dello stabilimento, anni 90

Operai cartai – 1981

 

 

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Foggia, l’autarchia e la cellulosa

Pubblicato da Romeo Brescia 15 Ottobre 2020

 

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