Una farmacia aperta sull’orrore della guerra.

“LAMPI, STORIE & SCORIE DI UNA GUERRA”

Una farmacia aperta sull’orrore della guerra. 

La storia del dottor Michele Menichella.

Michele Menichella

Quando la professione ti chiama nel bel mezzo di una tragedia come quella dei bombardamenti e senti il dovere di restare sul tuo posto di lavoro, questa scelta può costarti la vita.

Così successe a tanti foggiani in quell’estate del ’43. Ferrovieri, impiegati, medici, rimasero in città; alcuni riuscirono a mandare via le famiglie, a piedi o con mezzi di fortuna, verso i paesi del subappennino dauno; altri, al suono delle sirene radunavano mogli e bambini per mandarli nei rifugi e rimanevano sul posto di lavoro, in mezzo all’inferno.

E quell’estate l’inferno venne davvero. Con accanimento le forze angloamericane presero di mira il capoluogo  dauno, radendolo al suolo.  In mezzo a quei lavoratori coraggiosi c’era un farmacista, biccarese di nascita. La sua farmacia apriva ogni mattina i battenti su Corso Garibaldi. Alle spalle aveva i quartieri settecenteschi , pieni di gente povera e sofferente che spesso  necessitava  di medicinali salvavita.

Quella mattina del 19 agosto, poco prima di mezzogiorno, le sirene cominciarono a suonare. La gente corse verso i rifugi del Comune: ci si metteva in salvo, lasciando qualsiasi attività. Il dottor Michele Menichella vedeva passare i suoi concittadini spaventati davanti alla farmacia, di corsa, per cercare la salvezza. Troppo forti e troppo violenti erano stati già i bombardamenti di qualche settimana prima: oramai chi era rimasto sapeva che non si scherzava. Qualche amico forse  lo chiamò, chiedendogli di unirsi a lui; qualcuno arrivò a pregarlo di andare via. Ma il dottore non lasciò il suo lavoro. Sapeva quanto avrebbe potuto essere utile nelle ore successive avere medicinali , e bende per curare i feriti: la farmacia era un servizio pubblico.

Poco dopo mezzogiorno “si abbatté su tutta la città un’incursione che a detta degli stessi inglesi, fu la più terribile da essi operata nell’Europa meridionale. Molte centinaia di apparecchi, in sei ondate successive, per lo spazio di due ore e mezzo, scaricarono su tutti i punti della città migliaia e migliaia di bombe” (Monsignor Farina).

Dalla farmacia, il dottore dovette vedere Foggia scomparire sotto una nuvola di orrore. In una delle sei ondate, venne colpito il palazzo alle spalle del negozio e le macerie si abbatterono su di esso, seppellendolo. Quel bombardamento procurò alla città 9581 vittime, fra cui il dottor Menichella: morto, dietro al suo bancone, per fare il suo dovere.

Non si sceglie di essere eroi, si sceglie di servire gli altri prima di se stessi. O forse, in quegli attimi di terrore, si spera sempre che il bombardamento non sia così vicino o così violento. Si spera nel prossimo, nella pietà, nella buona sorte. Ma in quei mesi non esisteva pietà.

E mentre parlo di questo mio bisnonno e del suo triste destino, penso che fin quando ci sarà qualcuno a ricordarsi del suo sacrificio e di quello di tanti uomini come lui, la sua morte non sarà avvenuta invano. Non c’è alcun insegnamento che la guerra possa dare a noi e ai nostri figli, se non la ricerca continua e a tutti costi della pace.

Contributo di Chiarastella Fatigato

 

 

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