Nonno Ercolino

NONNO ERCOLINO

di  Raffaele de Seneen

Nonno Ercolino fu il primo abitante del nostro Borgo, come Adamo lo fu del mondo, e il Borgo, per un buon tratto di tempo, fu tutto il nostro mondo.

La gente che man mano arrivò a popolarlo lo trovò già lì. Ci arrivai anch’io poco meno di dieci anni dopo dalle “origini”, ma avevo solo un anno e mi ci volle il tempo necessario per fare la sua conoscenza.

Quando lo conobbi era già “fuori servizio”, e anche per me fu Nonno Ercolino come lo era per tutti gli altri sicuramente perché era il più anziano del posto, per il rispetto dovuto a persona avanti negli anni che si era conquistato quel titolo onorifico di nonno e forse anche perché in lui c’erano la genesi e le origini del nostro tutto.

Nonno Ercolino era stato il guardiano del cantiere del Borgo in costruzione. La prima pietra venne posata nel gennaio del 1939.

Opera Nazionale Combattenti – Fondazione prima casa colonica Borgo Incoronata. Fonte : Internet Culturale

Statura bassa, originario dell’Abruzzo (Pescasseroli), era già vedovo quando lo conobbi ma viveva con due figlie non maritate che lo assistevano, aveva ancora un maschio e con loro viveva un nipote mio coetaneo, che spesso la mattina, nel periodo delle vacanze estive, arrampicandomi alla finestra del loro piano terra svegliavo per poi fare scorribande al bosco o al Cervaro a pescare pesciolini.

Sicuramente Nonno Ercolino doveva far parte del mondo dei pastori transumanti che nel loro tragitto, per il Tratturo L’Aquila-Foggia (Tratturo Magno o Tratturo del Re) lungo 244 km, lambivano il territorio futuro insediamento del Borgo che in parte risulterà poi costruito sullo stesso Tratturo.

C’erano all’epoca ancora pastori e greggi transumanti, non come una volta certo, ma c’erano. E non era raro che qualche pastore stanco e avanti negli anni rinunciasse a quel tipo di vita nomade diventando stanziale e impegnandosi in qualche altra attività.

Doveva essere successa la stessa cosa a nonno Ercolino, che poi richiamò e si fece raggiungere dal resto della famiglia.

Abitavamo nella stessa stecca di fabbricato, lui nell’angolo, io un po’ più in là e per almeno tre stagioni all’anno, inverno escluso, al primo sole era già sistemato fuori, accanto alla porta di casa, seduto su una seggiola bassa all’ombra di un albero.

Rievocazione del luogo con tecniche di ritocco fotografico.

La coppola sempre in testa, giacca, maglione o maglia e pantalone, le mani una sull’altra poggiate sul manico ricurvo del bastone che teneva tra le gambe, il capo dritto e lo sguardo fisso rivolto a Sud che travalicava i muri delle case di fronte che gli impedivano di vedere il resto della campagna.

Ma sono sicuro che non c’era muro che potesse fermarlo, e che ogni giorno si proiettasse il suo film preferito: le montagne dell’Abruzzo, i paesi: Corvara, Chieti (solo alcuni),  il Tratturo, il Molise: Montenero di Bisaccia e le greggi, Le Puglie: Chieuti, Serracapriola  e la pianura: San Severo, Foggia … e poi il Borgo che non c’era e ancora, e avanti, avanti più in là nei pascoli assegnati. Accompagnato dalla colonna sonora l’abbaiare dei cani col “vraccale” al collo, il belare delle pecore e il tintinnio del campanaccio della capo-gregge, i richiami dei pastori, i profumi e gli odori fissati nei cassetti del cervello, quelli delle erbe spontanee commestibili da contendersi con le pecore, buone per il pancotto, l’odore del latte che rapprende con il caglio, e i cento odori delle forme di formaggio che cambia stagionando.

Io non ho mai scambiato parola con nonno Ercolino: timidezza, difficoltà di approccio  la mia, e quando se n’è andato, era un giorno di inizio estate, l’ho capito perché non l’ho visto più seduto fuori all’uscio di casa.

Se n’è andato come fanno tutti i pastori abruzzesi col l’inizio della stagione estiva. Quando decidono,  fanno la “scasata”, la giornata dedicata a raccogliere e sistemare tutti gli attrezzi, poi riprendono il Tratturo in senso contrario: avanti i muli carichi di attrezzi, seguono a distanza le greggi e i pastori.

Quando arrivano nelle prossimità dei loro paesi, la gente li aspetta, li vede, le campane della Chiesa suonano e avvisano il paese più lontano che stanno tornando, è festa per tutti. E il giorno della “remnuta” il ritorno a casa.

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