A tavola con i briganti

A tavola con i briganti

di Annalisa Grana

Il fenomeno del brigantaggio ebbe inizio subito dopo il periodo post-unitario ed ebbe forte rilevanza nelle regioni meridionali compresa la Puglia. La nostra Provincia che fu scenario “privilegiato” con il suo Gargano, il Sub-appennino, i boschi planiziali e ben si prestava a quella guerriglia di movimento messa in atto dalle bande di briganti.

Campagnoli, pastori, braccianti, renitenti alla leva e soldati borbonici sbandati si riunirono in bande sotto il comando di un capo per dare inizio ad una sommossa di ribellione contro l’occupante piemontese. Questo l’aspetto iniziale del fenomeno che però ebbe in coda momenti degenerativi.

Non poche le donne al seguito delle bande spesso con ruoli rilevanti.

Ceppo in memoria dei Lancieri del 25° Reggimento Montebello guidati dal sottotenente Carlo Alberto Fossati, trucidati da una banda di 60 briganti. Strada che da Foggia porta a San Marco in Lamis nei pressi del ponte Ciccallento.

Costretti a muoversi in continuazione e a fughe repentine, i briganti consumavano per necessità pasti frugali. I luoghi frequentati erano gli stessi dove sostavano i pastori con cui, per reciproca convenienza si era stabilito un tacito accordo: protezione nei confronti dei pastori in cambio di coperture e cibo per i briganti.

Quella dei briganti era in ogni modo un’alimentazione semplice con piatti poco complicati. Si prediligevano cibi già pronti e facilmente trasportabili. La storia del brigantaggio ci riporta a briganti avidi di gioielli, sanguinari, donnaioli, galantuomini ma non si hanno notizie di buongustai e gourmant.

 I frequenti contatti con i pastori e la gente di masseria rendevano agevole l’approvvigionamento di insaccati, formaggi, pane, uova e carne.

Nelle bande brigantesche tuttavia non erano escluse le grandi refezioni collettive con tanto di brigate di cucina e scalchi improvvisati ed efficienti. Lo racconta nei dettagli Carmine Crocco: “Per il rancio la banda è ripartita in gruppi ognuno dei quali è presieduto da un caporanciere; sul pendio meno ripido della posizione in luogo possibilmente coperto, perché il fumo non ci tradisca, si accendono i fuochi; poco lontani i cucinieri sono intenti a scannare capretti, scuoiare maiali, spennare polli e tacchine mentre altri tagliano legna per avere brace abbondante, la carne è pronta per essere arrostita.

I viveri vengono requisiti nelle ricche masserie e spesso nei villaggi con arma alla mano; durante la notte si circondano le case e mentre alcuni tengono sequestrati i contadini, altri svaligiano le stalle, i pollai e le cantine…”.

Fonti storiche citano cibi conservati come i formaggi (cacio ricotta e caciocavalli), gli insaccati, la ricotta, le verdure sott’olio e sott’aceto, i fichi essiccati, le carrube, le patate lessate, i legumi, i funghi, la selvaggina e le erbe agresti, gli animali razziati dalle greggi o dalle masserie dei benestanti, facendo attenzione a non farsi scoprire dalla soldataglia che guardava il cielo per scoprire le volute di fumo e seguire l’odore d’arrosto.

Così come sicuramente i briganti avranno gradito la “miscisc’ka”, brandelli di carne di pecora salati ed essiccati al sole, ricoperti di pepe o peperoncino, tipico alimento preparato dai pastori abruzzesi e molisani. Un cibo energetico e pratico da poter mangiare, a morsi, o tagliato a fettine col coltello, anche durante  un trasferimento a cavallo.

Lapide in memoria dei Patrioti della Guardia Nazionale caduti nella lotta contro il brigantaggio il 23 Giugno 1863 – Piazza Municipio, Orsara di Puglia

E l’inversione dal ruolo più politico del brigantaggio a quello meno nobile, fino alla sua completa estinzione, si ebbe soprattutto perché ai briganti, con la Legge Pica (15 agosto 1863), vennero anche “tagliati i viveri”. In un territorio fortemente militarizzato iniziarono ritorsioni contro i familiari, e venne vietato a contadini, braccianti e terrazzani che uscivano per le campagne di portare con se cibo oltre il fabbisogno personale, oltre a restrizioni nelle attività delle masserie che potevano diventare rifugi e fonti di approvvigionamento delle bande.

Non poche volte nelle lettere minatorie che inviavano i briganti o di richiesta di riscatto per persone sequestrate, oltre al denaro, si chiedevano polvere da sparo, indumenti e beni alimentari.

Di seguito due antiche ricette: 

 VERDURE CACIO E UOVA

Ingr. per 4 persone

600 gr. di verdure miste

4 cucchiai di olio d’oliva

3 spicchi di aglio

6 pomodori tondi da sugo

100 gr. di pecorino grattugiato

sale q. b.

Mondate e lavare accuratamente le verdure, fatele cuocere per alcuni minuti in acqua bollente e scolatele bene.

Soffriggete nell’olio gli spicchi di aglio e subito dopo unite i pomodori precedentemente spellati e privati dei semi; mescolate rendendo omogenea la salsa.

Unite le verdure e, a fuoco basso, continuate la cottura per circa 30 minuti;  in una ciotola sbattete le uova con il pecorino.

Versate il composto nella pentola delle verdure mescolando spesso e portate a cottura fino a quando le uova non diventeranno solide.

Servite caldissimo con delle bruschette di pane.

 

FRITTATA DEL GARGANO

Ingr. per 4 persone

8 uova fresche

8 cucchiai di olio d’oliva

100 gr. di ventresca tagliata a cubetti

una manciata di uvetta

1 ciuffo di prezzemolo

70 gr. di pecorino grattugiato

sale e pepe q. b.

In una padella non troppo larga versate l’olio e fatelo scaldare. Versate le uova precedentemente sbattute con il pecorino, il prezzemolo tritato, la ventresca e l’uvetta.

Mescolate con un cucchiaio di legno e continuate a far cuocere la frittata. Quando la frittata si è per metà raffermata scuotete energicamente la padella per far staccare la frittata e giratela. Fate cuocere la frittata dall’altro lato e servite tiepida o fredda.

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