ERBE DI CASA NOSTRA
di Raffaele de Seneen e Romeo Brescia
La terra di Capitanata, con Foggia al centro, Foggia capitale almeno per le cose che saranno accennate.
Una terra che tutto dà, basta amarla, avere passione, voglia di lavorare e lavorarla, ma anche un po’ di conoscenze in materia.
Le sue potenzialità produttive soffocate per secoli dalla pastorizia transumante e poi dalla monocoltura del grano.
Banalmente si può partire dai frutti spontanei (erbe commestibili) che essa offre, veramente tanti, che hanno contribuito, con lumache, rane, allodole, ecc. al sostentamento dei nostri terrazzani e ai loro piccoli commerci per approvvigionare la città.
E torniamo al grano (l’oro giallo), la Capitanata granaio d’Italia, in tempi più recenti l’oro rosso, il pomodoro, passando per quello bianco, lo zucchero ricavato dalla coltivazione delle barbabietole (anni ’50, ’60), ma da tempo i nostri zuccherifici sono costretti a un lungo sonno.
Anche il cotone, a Foggia c’era uno sgranatoio, e la coltura del gelso la cui sperimentazione fu iniziata nella nostra Villa comunale in epoca borbonica, serviva per l’allevamento del baco da seta. Ricordiamo la filanda della Maddalena a Foggia, e le nostre sete definite di buona qualità e lucentezza.
Che chiedere di più a questa terra che ha prodotto anche quando l’acqua veniva solo dal cielo e da qualche corso torrentizio a parte l’Ofanto e il Fortore.
Oggi, molte cose sono cambiate, non è più il tempo in cui la Reale Società Economica di Capitanata informava, sperimentava, incentivava, premiava proprio per uscire da un’economia agricola a grande prevalenza cerealicola. Tempi da pionieri quelli!
Ma tornando alle erbe spontanee commestibili un po’ di pionieri ci sono rimasti, quelli del sabato o della domenica che “vanno per prati” come s’usa dire al Nord, noi diciamo “pa’ campàgne”: vecchie mezzane abbandonate, qualche incolto, le maggesi, residui di tratturi, cigli di torrenti e canaloni, dove si possono trovare e raccogliere mettendo insieme una salutare passeggiata all’aria pura, un po’ di movimento e l’attesa di poterle gustare sulla propria tavola.
Proponiamo ora pochi stralci del saggio a firma di Maria Teresa Masullo Fuiano pubblicato per la prima volta su “il Provinciale” – Giornale di opinione della provincia di Foggia – nel maggio 1995. Quella di Capitanata è cucina “terragna, cioè trae prevalentemente dalla terra sapori ed aromi, risente dell’influenza campana e, per effetto della transumanza, anche di quella abruzzese”.
RIPORTIAMO IN ALLEGATO LE FOTO DELLE erbe spontanee CON IL RELATIVO NOME VOLGARE – SCIENTIFICO – DIALETTALE
“Se i troccoli, al sugo di carne, sono i piatti della festa, quasi quotidianamente la pasta entra in felice connubio con la verdura. E’ riconosciuto che la cucina daunia, per la presenza quasi costante della verdura, è <<la più verde d’Italia>>.
Molto più completo e “gustoso” è l’intero pezzo, infatti la Masullo-Fuiano accenna anche alle verdure coltivate, quelle d’orto, e di queste e delle altre le loro varie combinazioni con i diversi tipi di pasta fatta in casa.
Un accenno alla spogna, (Cachrys ferulacea L.) che sempre più raramente si trova sui banchi dei nostri mercati, una verdura che stabilisce il confine fra quelle coltivate e quelle spontanee. http://www.foggiaracconta.altervista.org/blog/tradizioni-tavola/onore-alla-spogna/
Da qui si passa al profumatissimo origano (origanum vulgare) del Gargano, luogo in cui si trovano anche macchioni di alloro (laurus nobilis), poi l’aneto (anethum graveolens), e ancora i funghi: più pregiati i cardarelli (Pleurotus eringi) che nascono al posto dei cardi quando questi hanno completato il loro ciclo vitale; i cugini, più poveri, i funghi di ferula (Pleurotus ferulae) nascono invece sotto le piante di ferula. Inoltre, i lambascioni, “Classificati tra i muscari, il loro nome dialettale è ormai entrato nella lingua corrente”, e a questi vanno aggiunti i capperi (capparis spinosa), i semi di finocchio (foeniculum vulgare) “per aromatizzare i scav(e)dati(e)ll(e), ma anche la carne di maiale e le olive bianche curate con la “pietra forte”.
Aggiungiamo fra le erba spontanee ‘a perchiàcche (portulaca), e fra i frutti di bosco più diffusi le more (rubus ulmifolie).
Mentre mazzetti essiccati di camomilla (matricaria chamomilla) e malva (malva sylvestris) sono stati per lunghissimo tempo utilizzati per infusi digestivi, calmanti e distensivi.
In conclusione, tra il curativo e la leccornia per i bambini, le radici di liquirizia (Glycyrrhiza glabra).
Un simpatico aneddoto sul cardo e la sua vendita: Nel periodo primaverile dell’anno era solito vedere per le vie della città di Foggia i terrazzani, a bordo du mitom ( motocicletta) con una “sporta” (grosso cesto) legata nella parte posteriore piena di cardune (cardi mariani). Arrivati agli angoli delle strade facevano una breve sosta e con voce strillante annunciavano la vendita della loro mercanzia :”I càrdune attànnute…Accattateve i jiò”.
Una signora al passaggio di uno di loro, incuriosita chiese : ” perchè li chiami jiò?”, il terrazzano furbacchione invitò la signora a prendere un cardo e la signora maldestra afferrò il cardo con le mani pungendosi ed esclamando: “jiò”. Il terrazzano sorridendo: ” Signò è capite mo pechè i chiame accussè”.
Fonti: Maria Teresa Masullo Fuiano – articolo pubblicato per la prima volta su “il Provinciale”
Nello Biscotti – Peregrinazioni fitoalimurgiche – Dal Gargano alle Murge
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