I lampasciuli della Capitanata

 

I lampasciuli della Capitanata

Contributo di Annalisa Grana

Una grande ed interessante opportunità quella di poter accedere ai tesori della nostra Biblioteca Provinciale  stando comodamente seduti casa propria dietro un pc. Così girando e cercando mi imbatto e soffermo su un opuscoletto, diciassette pagine: “I LAMPASCIULI – Piccole industrie rurali in Capitanata”  del Dott. Raffaele Vittorio Cassitto edito nel 1925.

1 Venditore di Lampasciuoli

Mai avrei immaginato che dei “lampasciuli” si potesse fare un piccolo trattato. Così, incuriosita dal titolo del testo inizio a sfogliarlo e mi accorgo innanzitutto che il Muscari Comosum Mill  ha svariati nomi nel foggiano e nel subappennino: lampasciuli, lampasciuoli, lampasciuni; nel Gargano: cipollette, cipolluzze o cipolline di terra; ed ancora in altre zone: lambagioni, vambagioni, vampagioni…

Il Muscari è una pianta spontanea, erbacea, a bulbo ovato-tunicato dalla cui base nascono le radici a fascio, mentre dall’apice spunta lo scapo eretto portante foglie lineari alla cui sommità germogliano dei fiorellini dove sono presenti i semi.

L’uso di questo bulbo è antichissimo, sono in molti a parlarne. Così sappiamo che erano usati dagli Egiziani e dagli Iraniani e che ad esso venivano attribuite proprietà terapeutiche e addirittura afrodisiache. Per i Romani e i Greci rappresentava un alimento di grande importanza alimentare eccellente per lo stomaco. Per gli abitanti della provincia di Foggia e del Subappennino l’acqua della cottura era utilizzata come espettorante e come diuretico, ricco di sostanze zuccherine e mucillaginose ha anche proprietà lassative.

Nel testo vengono analizzate le sue caratteristiche e i modi di coltivazione, esiste la varietà rossa e  quella bianca, la seconda in verità appartiene al genere Hjaciuthus della specie Ciliatus e trova nel gergo locale il nome di “lampazzi,  cipollazzi  o caparroni”. In base al tipo di terreno vi sono bulbi che possono arrivare anche a 70 g di peso;  i bulbi normalmente si trovano ad una profondità di 20-25 cm ma in terreni leggeri e sabbiosi anche ad una profondità di 40-50 cm. Il lampascione è dotato di grande resistenza alla siccità perché, come tutti i bulbi, è ricchissimo di acqua la quale viene ceduta alla parte aerea un po’ alla volta.

La pianta cresce spontanea in Spagna, in Francia, in Italia, in Austria, in Ungheria, nel Nord Africa e nell’Asia Occidentale.  Abbonda in modo particolare in Grecia e nell’Italia Meridionale specialmente in Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia.

La parte più interessante risulta sicuramente quella che riguarda la raccolta e la piccola industria che si era sviluppata negli anni precedenti la prima guerra mondiale. Ascoli Satriano fu il primo paese dove questa pianta assunse importanza industriale e commerciale tanto che esportò nel 1910 dal suo territorio 100 quintali che divennero 300 l’anno successivo; il commercio si estese anche a Sant’Agata,  Ordona,  Bovino, Troia, Castelluccio, Ortanova e Foggia dove risiedevano gli industriali più noti di frutti spontanei. Dopo la prima guerra mondiale si diffuse anche nella zona di San Severo, Torremaggiore, Trinitapoli,  Cerignola, Lucera e anche in alcune località del Gargano come San Nicandro. Prima del 1910 la raccolta era limitata al solo consumo degli abitanti e i lampascioni erano il cibo preferito della povera gente. La raccolta incomincia verso la fine di dicembre cioè quando il bulbo incomincia ad emettere lo scapo fuori dal terreno e prosegue fino a marzo, periodo in cui fiorisce .I lampascioni vengono cavati ed estratti dal terreno con zappette comuni o zappe speciali. Un tempo la raccolta era fatta dagli stessi contadini che andavano a lavorare e nel foggiano dai terrazzani ma oggi ( 1925 ci dice l’autore del testo) tale raccolta è generale ed attivissima; sono contadini, donne, ragazzi che vagano per le campagne in cerca dei lucrosi lampasciuli. Una persona adulta raccoglieva in media al giorno dai 10 ai 15 kg che vendeva per 2 o 2,50 lire al kg realizzando un guadagno giornaliero dalle 20 alle 35 lire. La raccolta dei lampascioni rappresenta negli anni 20-30 una vera e propria ricchezza per la Capitanata raggiungendo un totale di circa 12 mila quintali di raccolto che corrispondeva ad un valore di oltre tre milioni e cinquecentomila lire, raccolto che veniva esportato negli Stati Uniti, nel Brasile e in Argentina. Da ultimo l’autore del testo esorta, elencandone tutti i vantaggi, ad una vera e propria produzione e coltivazione dei lampascioni dato che “la crescente ed esagerata raccolta porterà ad un esaurimento spontaneo della pianta, coltivazione che certamente costituirà una sicura fonte di ricchezza ed una vera risorsa per la provincia di Foggia anche perché permette di utilizzare i terreni più poveri ed abbandonati e dove altre culture riuscirebbero poco o niente remunerative…”.

Della pianta dei lampascioni si usa solo il bulbo che può essere preparato in diversi modi. Si pratica un profondo taglio a croce alla base allo scopo di facilitarne la cottura. Nel testo vengono elencati ben 10 modi di preparazione: lessati in acqua e conditi con olio e aceto, o con olio e pepe, o con olio e limone, mollicati e cotti al forno, fritti e conditi con salse, messi direttamente sotto la” bragia” infuocata per mangiarli arrostiti e così via.

Vi lascio due delle mie ricette preferite per quanto riguarda i lampascioni.

Torcinelli con patate e lampascioni

69044_10201762238913358_1433240906_n

Ingredienti per 6 persone:

6 torcinelli

600 gr di patate

Olio extra vergine di oliva

300 gr di lampascioni

250 gr di pomodorini

250 gr di pecorino grattugiato

3 foglie di alloro

3 spicchi di aglio

8 foglie di basilico

Prezzemolo, sale e pepe q.b.

Pelate, lavate e tagliate a pezzi le patate; pulite, lavate e fate un taglio a croce sui lampascioni. Tritate l’aglio e il prezzemolo, lavate e tagliate a metà i pomodorini. In una teglia da forno mettete le patate, i lampascioni, i torcinelli, i pomodorini, l’aglio, le foglie di alloro, il basilico, il sale, il pepe, il prezzemolo e il pecorino. Versate 3 mescoli d’acqua e aggiungete l’olio. Infornate a 180° e fate cuocere per circa un’ora.

Servite il piatto ben caldo.

 

Polpettine di lampascioni

74073_10201762240153389_540141693_n

Ingredienti per 4 persone:

500 gr di lampascioni

2 uova

olio extravergine d’oliva

50 gr di pecorino

1 spicchio di aglio

prezzemolo q.b.

50 gr di farina

sale q.b.

Dopo aver pulito e lavato i lampascioni, lessateli in una pentola; a cottura ultimata, scolateli e schiacciateli con una forchetta.

Mettete in un contenitore insieme ai lampascioni le uova, la farina, il prezzemolo tritato e il sale; mescolate tutto in modo da formare una pastella.

In una padella fate riscaldare l’olio, prendete il composto con due cucchiaiformando delle polpettine equando l’olio sarà bollente, friggetele;  appena pronte tiratele fuori e lasciate assorbire l’olio in eccesso delle polpette su carta da fritto.

Servite le polpettine tiepide.

Altra tipica ricetta locale è la “tiella”  al forno di patate, baccalà e lampascioni. Invece d’importazione è  quella dei “lampascioni scoppiati”, cioè calati nell’olio bollente quando l’aglio è indorato, ma praticando al posto del taglio a croce sulla base un incavo, con la punta del coltello, abbastanza profondo a mo’ di cono.

 

COPYRIGHT © 2014 TUTTI I DIRITTI RISERVATI

 

 

 

 

 

 

Articoli recenti