A Tavola con i pastori

A tavola con i pastori

di Annalisa Grana

Pastori

MUSCISKA

Misciscka

MUSCISKA

L’origine della parola musciska è araba e deriva da mosammed che significa cosa dura.

E’ un prodotto ottenuto dalla carne di capra o di pecora condita ed essiccata, dal sapore forte e aromatico delle spezie, di solito insaporita con aglio, peperoncino, finocchietto selvatico e sale.

La carne viene tagliata in strisce molto sottili lunghe circa 20-30 cm dello spessore di 2-3 cm così da poter essiccare molto velocemente mantenendosi integra molto più a lungo.

Costituisce uno dei cibi tipici del pastore;  in tempi passati, infatti, la carne proveniva principalmente da carne “mortacina” cioè da animali morti per ingestione di erbe.

 

PANCOTTO E ACQUASALE

Pancotto

PANCOTTO

 I piatti ordinari e di largo consumo delle classi rurali e pastorali prima dello sviluppo economico e socio-culturale degli anni ’60 sono a base di acqua e pane, racchiudibili nel pancotto e nell’acquasale.

Delle due pietanze oggi si conoscono versioni estive e invernali, ricche e povere, a preparazione veloce e più elaborate.

Secondo la sociologa Pasquina Sacco, autrice del libro “Pancotto garganico, il piatto della pazienza”, esistono addirittura 120 tipi tra pancotto e acquasale.

Serafino Gatti affermava nella sua relazione del 1811: “i contadini che vivono nelle masserie di animali o di campo, principalmente della Puglia, fanno uso della cosìdetta acquasale  e del pane cotto coll’olio e, spesse volte vi mischiano delle erbe selvagge. Gli zappatori, i custodi di vigne e i pastori fanno sovente servir loro di companatico poco costoso la cipolla, l’aglio, i frutti secchi. V’hanno anche di quelli che mangiano solo pane al più con erbe cotte…”

Acquasala del pastore 1

ACQUASALE

Il pancotto prevede la cottura del pane in un brodo a base d’acqua, alimenti vegetali ed erbe aromatiche, raramente compaiono ingredienti di origine animale.

Nell’acquasale invece il pane non è cotto e mescolato con gli altri ingredienti ma inzuppato freddo in un brodo, caldo o freddo, secondo la ricetta, a base vegetale o animale.

A sottolineare l’importanza che avevano queste due pietanze per la gente del passato, la mole di proverbi e modi di dire:

1)    Chi mangia pancotto e acquasale ruba a Gesù Cristo altri 2 anni

2)    Pancotto e acquasale mangiali che non fanno male

3)    Pancotto e vino fino è la forza del contadino

4)    Il pancotto gonfia la pancia: una mangiata, una scorreggia e il pancotto è digerito

5)    Gesù Cristo s’è fatto grande con il pancotto

 

 FORMAGGIO DI PASSO E FAVE

Il formaggio di passo era quello prodotto dai pastori lungo il percorso della transumanza, per questo motivo non poteva essere conservato per la successiva commercializzazione.

Cacio e fave

Una piccola parte di questa produzione quindi rientrava nell’alimentazione del pastore stesso, altra era destinata a vendita occasionale, tanta invece veniva regalata, scambiata con l’ospitalità che spesso i pastori ricevevano nelle masserie che incontravano sul loro tragitto: lì potevano trascorrere una notte al coperto, farsi cuocere il pane nel forno di campagna, mentre il gregge stazionando sulle terre della masseria le concimava lasciando lì i suoi escrementi.

Il formaggio di passo dei pastori abruzzesi, l’ospitalità offerta dalle genti di Capitanata, un baratto o  moneta di scambio di mutuo soccorso alla base di un incontro e un contatto pacifico protrattosi per secoli; come il “matrimonio” ben riuscito fra il formaggio fresco (primo sale) e le tipiche fave fresche foggianelle, che proprio di questi tempi (aprile-maggio) se ne fa gran consumo: ‘u sopatàvele.

 

PECORA ACQUA E SALE

“Alla callara” in Abruzzo, “Cutturidd” in Basilicata, un modo tipico ma con tante varianti di mangiare la carne di pecora nelle regioni a tradizione pastorale.

Pecora acqua e sale

PECORA ACQUA E SALE

Ovviamente alla base pezzi di carne di pecora da inserire preferibilmente in un tegame di coccio con l’aggiunta di acqua e degli “odori” di cui se ne ha disponibilità al momento, che qui di seguito si elencano riprendendoli dalle varie versioni: sedano, cipolla, pomodori, patate, carote, una foglia di alloro, rosmarino, prezzemolo, peperoncino piccante, sale e pepe.

La carne di pecora è “tenace”, necessita di lenta e lunga cottura, proprio come il tempo del pastore: lento e lungo. Il pastore può partire, bastone e spara,  col suo gregge all’alba, a mezzogiorno, al campo, il “uaglione” o lo scapolo metterà il tegame con gli ingredienti sul fuoco. All’imbrunire, sempre, il pastore rientra col suo gregge, e qualche volta può rifocillarsi dalla fatica con un buon piatto di “pecora acqua e sale”.

PASCKA MUNESCKA

Conosciuto in tutta la Puglia con diverse denominazioni, il Panvinesco ( pascka munescka nome garganico) trova la sua prima attestazione nel 1680 sotto il nome di “schiavonesco”, descritto come pane di farina grossa, pepe e cannella. A tal proposito il Pacichelli scrive “In Capitanata ve n’era un tal dispaccio da permettere ad alcune famiglie di costituire alle fanciulle la dote”…

PASCKA MUNESCKA

PASCKA MUNESCKA

Ad rafforzare la sua importanza, su un atto  dell’Archivio di Stato di Lucera del notaio Ferrandina, redatto nel febbraio del 1775, troviamo “la ricetta per fare il panschiavonesco all’uso di Corato”, notaio desideroso di fissare non solo gli ingredienti ma anche il segreto per una perfetta cottura.

Non era raro il caso che i notai inserissero nei protocolli e registri utilizzati nel corso della loro attività annotazioni che nulla avevano a che fare con essa: disegni, segnalazioni di eventi pubblici e privati, indicazioni di cui si desiderava conservare memoria.

Nel tempo la sua semplice composizione fatta di vincotto di fichi e semolino ( o farina) ha visto l’aggiunta di svariati ingredienti: cacao, noci, mandorle, chiodi garofano e scorze grattugiate, con le inevitabili varianti locali.

Per concludere: acqua di fonte e vino di spalliera

 

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