I foggiani a “testa insù”

I foggiani a “testa insù”

di Romeo Brescia

Lo spirito delle feste religiose, nella nostra città, si esprimeva un tempo attraverso cortei di fedeli che accompagnavano la statua lignea del santo a ritmo cadenzato della banda cittadina. Lungo il percorso, le preghiere venivano interrotte da chiassose coreografie di fuochi pirotecnici, mentre per le vie cittadine venditori con bancarelle fugaci, gridavano i pregi delle loro carabattole. In questo clima festaiolo si inseriva un elemento attrattivo poco ricordato nei racconti delle nostre tradizioni, si tratta dei palloni aerostatici, allora chiamati semplicemente “palloni volanti”.

A questo proposito il caro amico e studioso di storia locale Tommaso Palermo mi segnala che sul Giornale Patrio di Carlo Maria Villani (edito a cura di Pasquale di Cicco), viene riportato un appunto del 10 settembre 1810 che così recita: “Questa sera poi s’innalza nel largo del Piano un pallone aerostatico, che per disgrazia nell’atto che alzava ha urtato in una tenda, per cui si è rotto e si è bruciato. Detto pallone è stato fatto in occasione della festività di S. Lazzaro.”

Questa tradizione è ancora in uso in alcuni paesi della Puglia, ricordo infatti di aver assistito personalmente anni fa al lancio di questi palloni nel cielo della piccola cittadina di Ruvo, durante i festeggiamenti dell’Ottavario del Corpus Domini.

 Michele dell’Anno, nel libro “Foggia un’antica traccia” (edito da Bastogi), riporta la storia di Raffaele Tarricone, un’artista di Cerignola che nel 1936 costruì il suo primo pallone aerostatico. Intervistato all’età di 61 anni, ci racconta appunto come erano fatti: “I miei palloni sono fatti di carta speciale, sagomata e ritagliata a seconda delle dimensioni richieste. La grandezza media del diametro di una campana, la parte terminale del pallone, è un metro o un metro e cinquanta mentre l’altezza varia da un minimo di tre a un massimo di sette metri. Per dare resistenza alla campana del pallone si costruisce uno scheletro di legno a cui si attacca una crociera di filo di ferro sottile al centro dalla quale viene attaccato un cestello, sempre di ferro, dove viene depositato un batuffolo imbevuto di petrolio. Questo poi verrà acceso e animerà il pallone nel suo viaggio verso il cielo. L’elemento artistico della costruzione di un pallone è quello del disegno, che deve sottolineare il significato della festa. Così campeggeranno sulle fiancate laterali, madonne, grappoli d’uva, simboli e decorazioni varie”.

Tratta dal libro “Foggia un’antica traccia” di Michele dell’Anno – edito da Bastogi

Eduard Spelterini

Ancora una volta a far tenere gli occhi rivolti verso l’alto dei foggiani è stata la prima mongolfiera che si innalzò nei cieli della città, questa volta una di quelle grandi che permettevano di salire anche a bordo del tipico cesto in vimini. Il giornale politico “L’evoluzione” del 30 ottobre 1890, scrive: “L’intrepido aeronauta, Capitano Edoardo Spelterini [1], il giorno 2 dell’entrante mese farà, in questa Città, un’ascensione libera con il suo pallone Urania, che dal 19 settembre al 12 ottobre u.s. fece parecchie ascensioni sul piazzale della Rotonda della via Caracciolo a Napoli e di cui tanto si occuparono i giornali di quella città negli scorsi mesi”.

Non ultimi ricordiamo gli allievi italiani e americani che dagli anni ’10 del Novecento, dai campi scuola di aviazione della città, si addestravano facendo decollare le loro macchine volanti verso i cieli della città, tenendo ancora una volta i foggiani con il fiato sospeso e con la testa rivolta all’insù verso quei primi “apparecchi”.

 L’ultimo ricordo degno di nota che è rimasto ancora vivo nella memoria dei foggiani è quel dirigibile pubblicitario della Goodyear che negli anni ’80, attraversando i cieli della città, regalava ancora quel pizzico di emozione di stupore antico.

 

 

 [1] Eduard Spelterini, nato Schweizer (Bazenheid, 2 giugno 1852 – Zipf, 16 giugno 1931) è stato un pioniere del volo in pallone e della fotografia. Sorvolando per primo le Alpi e il Vesuvio, ha scritto un capitolo importante dell’aeronautica svizzera. A cavallo tra Ottocento e Novecento, le sue fotografie hanno conquistato il pubblico d’Europa.

 

 

 

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