Il nostro Piano delle Fosse

Il NOSTRO PIANO DELLE FOSSE

 di Raffaele de Seneen  e  Romeo Brescia

L’unica traccia rimasta è quella fossa fortunosamente ritrovata avanti al sagrato della chiesa di San Giovanni Battista, poi nient’altro.

Piano delle Fosse

Eppure, spesso se ne torna a parlare, girano antiche foto del sito sulle pagine di Face Book dedicate a Foggia, ci si chiede come e perché quell’unicità, almeno per grandezza ed importanza, non sia stata tenuta in debito conto, neanche in maniera parziale.

Sono tante le risposte ed i motivi che si intrecciano, uno dei primi probabilmente è proprio quella caratteristica di unicità che aveva, una presenza passata nel corso dei tempi, da una generazione all’altra, che non aveva possibilità di raffronto; quotidianità per la gente del posto, mentre il forestiero di passaggio quanto meno ne restava impressionato.

Sfossatori all'opera

Per i nostri antenati, solo un posto dove “raccogliere” il sudore e la fatica dei campi da impastare col sudore e la fatica degli addetti ai lavori al Piano, gli sfossatori, e poi i carrettieri trasportatori, ecc., emblema e summa dei tantissimi che campavano alla giornata, e dei pochissimi che si potevano assicurare “la buona annata”.

Unicità che ai tanti non era dato di capire, e che per i pochi rivestiva solo motivi economici.

Se fosse possibile chiedere oggi ad uno schiavo degli egiziani cosa ne pensa della piramide che ha contribuito a costruire, non credo ci si possa attendere una risposta positiva.

Diciamo che la sorte di quel sito era segnata almeno in gran parte. Troppo grande per mantenerlo, si estendeva dalla chiesa di Sant’Eligio all’attuale Via Santa Maria della Neve, altre fonti dicono da San Giovanni Battista all’attuale Piazza San Francesco, ma potrebbero essere già riferimenti a momenti differenti.

Sfossatori con mezzi meccanici

 

Il mutamento dei tempi portava nuove esigenze e dava nuove possibilità: il passaggio dal “mezzetto” alla bascula per pesare le granaglie, dalla cesta che veniva calata nella fossa per portare il grano in superficie all’aspirazione meccanica. Così possiamo dire che il Silos Granario, il più grande d’Europa, costruito in Via Manfredonia nel 1937 segnò l’inizio del disuso delle fosse: miglior modo di conservare il grano, igiene, lavoro meno gravoso; cambiano i trasporti e i “traini” man mano vengono sostituiti dai mezzi meccanici.

Nel 1725 dal governo borbonico venne costituito l’Istituto del Piano delle Fosse. L’antico Piano aveva un regolamento molto dettagliato per l’uso, la manutenzione, le operazioni di lavoro, la trattazione degli affari, ecc.; comprendeva fosse pubbliche e fosse private in  maggioranza, fra tutte la più grande e capiente la “Santa Barbara” con una capacità di 4.000 tomoli (1 tomolo = 0,55 litri), ma sarebbe interessante capire in capo a chi cadeva la proprietà dell’intero Piano, visto poi che per ogni fossa si pagavano 4 ducati all’anno, non è chiaro a che titolo: fitto, enfiteusi suolare! Quindi patrimonio indisponibile o demanio della civica amministrazione?

Fossa tipo A

Fossa Vista in sezione trasversale -Rivestimento in paglia o intonaco argilloso. Volume mc.80,6 – capacità tomoli 1440,108 – capacità tonnellate 64,8 + 4,8

Fossa di Tipo B

Fossa Vista in sezione trasversale -Rivestimento in cocci o mattoni con intonaco. Volume mc.127,6 – capacità tomoli 2286,108 – capacità tonnellate 130 + 4,8

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questo, anche per capire come e quando iniziò l’ “attacco” al Piano. Fin quando ci sono state fosse nel Piano? E’ possibile che ci sia stato un momento in cui si è proceduto ad un generalizzato interramento delle fosse e spianamento del sito?

Certo è che anche un settantenne di oggi può ricordare l’attuale Piazza San Francesco sterrata e adibita a terminal per gli autobus  di collegamento con i paesi della provincia.

Ed una risposta alle precedenti domande la troviamo nel ben documentato testo “Il Piano introvabile – Architettura e urbanistica nella Puglia fascista” di E. Corvaglia e M. Scionti:

“Il Piano delle Fosse insiste sul Tratturo Foggia-Ofantoa nord del Centro storico ed il Comune, a norma di una legge del ’23 e del regolamento del ’27, ne chiede l’acquisizione unitamente ad altri suoli compresi nel tronco urbano dello stesso tratturo. Il Ministero per l’Agricoltura e Foreste, con provvedimento del 5 luglio 1930 approva il piano di trasformazione definitivo del Tratturo ed assegna al Comune i suoli da esso richiesti” – “ Proprio per questo il Piano delle Fosse è una carta importante che il Comune può giocare nella regolamentazione dello sviluppo della città, e coperte le antiche fosse per la conservazione dei cereali che costellavano l’intera area, col piano Albertini del 1933, se ne ipotizza la lottizzazione in grandi isolati”.

L’attacco al “Piano” ha inizio. Novembre 1938 posa della prima pietra della Casa del Contadino, poi i tre lotti dei Palazzi INCIS, prima della guerra il Palazzo Persichetti su Piazza San Francesco, e subito dopo la guerra il gemello spalla a spalla, su Via Zara, Palazzo Cataldi. Statua e Piazza San Francesco sono del 1955, più o meno stessa epoca il Palazzo Perugini, Via della Repubblica – angolo Via Manfredonia che in una targa a muro vanta di aver affondato le sue fondamenta lì dove una volta c’erano le fosse granarie.

Altro dato da non sottovalutare è la fine della transumanza che in quel Piano vedeva celebrarsi la grande Fiera di maggio oltre quella di Santa Caterina, il Campo Fiera a Foggia sorge nel 1937.

Mettendo insieme l’evoluzione del tempo in senso tecnologico, la spinta del Ventennio fascista all’urbanistica pubblica, i danni provocati dai bombardamenti del ’43 e la successiva affrettata ricostruzione, si capisce come tanti “piani” vennero privilegiati rispetto al Piano delle Fosse.

Impossibile conservarlo nella sua interezza, certamente si per una parte limitata, neanche così è stato. E pensare poi che poteva diventare un onere, un peso per questa città, un luogo d’abbandono e continuo intervento (Parco San Felice!), o di vandalismo e degrado (Teatro Mediterraneo!), ecc., forse è meglio ricordarlo così come ce l’hanno raccontato.

Ed un racconto della vita quotidiana del Piano, ultimi tempi, preciso e colorato, ma con una vena di nostalgia rispetto a quanto si andava consumando, quello che fu e non sarà più, lo troviamo in un articolo pubblicato su un settimanale locale: “Il Popolo Nuovo – il Foglietto” del 23 settembre 1935 a firma A. O. B. [1]:

 

“E cantiamo pure il De profundis al nostro Piano, ed alla sua secolare esistenza!

Per noi, cittadini foggiani, la sparizione del Piano delle Fosse assume caratteristiche ed importanza diversa da quella della sistemazione edile avvenuta in tanti altri centri, dall’avvento del Fascismo ad oggi, perché qui non si tratta di demolire, qui il piccone rimarrà inoperoso, sarà, invece, la cazzuola che, il base al Piano Regolatore della città dovrà lavorare. Quindi niente abbattimento di vecchiume [….] ma semplicemente nuove costruzioni [….] seguendosi la via già tracciata dall’INCIS.

Però, quale e quante nostalgie pensando all’immensa spianata dagli innumeri pilastrini , che specie nelle sere di luna dava l’aspetto di un cimitero; pilastrini messi là per indicare una fossa, ove a mezz’agosto veniva depositata la ricchezza del Granaio d’Italia. Fosse di cui le cronache cittadine, non poche volte, registrarono cadute di bambini, vecchi e ubriachi.

Ma ciò non è tutto : vi sono le nostalgie infantili [….] che ci trasportano alle due grandi Fiere [….]

Chi potrà mai dimenticare gli immensi baracconi di saltimbanchi, le giostre di ogni specie [….] e i rivenditori ambulanti? Acqua fresc…h acqua fresch…h, u baccalà fritte, i fafe arricciate ….

E i primi anni di ginnasio a San Gaetano, le cui finestre affacciando sul campo della Fiera di davano il …. Diritto di chiedere [….] vacanza durante i primi tre giorni [….] col pretesto che il chiasso dei venditori, il rullo dei tamburi, il ragliare degli …asini, il vociare della folla disturbava il nostro studio?

E poi il bivacco dei mietitori, delle zie-zie dirette in aprile e maggio ai Santuari di San Michele, Incoronata, San Nicola; la nostra soste vicino alle fosse  mentre gli sfossatori delle Compagnie di San Rocco e Santo Stefano coi panari di legno legati al grosso canapo estraevano il grano, sotto lo sguardo vigile del caporale che snocciolava i grani della lunga corona?

Tutto questo insieme [….] ci fa pensare ancora ad un altro uso cui era destinato il Piano durante l’estate: alla lunga teoria di carretti di fichi d’India illuminati, di sera, dal mocciolo fumoso di una lanterna ed all’incrociare delle grida dei crocesi che decantavano i pregi dei loro stracchini [….]”.

Fiera al Piano delle Fosse

 

[1] Arturo Oreste Bucci, valido giornalista e scrittore foggiano 1879-1967

 

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