La Cava del Re

 

LA CAVA DEL RE

A pochi chilometri da Foggia, già alle pendici del Gargano, sull’altopiano del Calderoso – Località Mapuzze al Km  10,500 sulla strada Prov. Borgo Celano, agro di San. Marco in Lamis, dalla seconda metà del ‘700 si svolse un’attività estrattiva di un particolare e pregiato marmo, il “brecciato”, un agglomerato di breccia carbonatica costituita da clasti calcarei tenuti insieme da cemento carbonatico, molto apprezzato a suo tempo anche dal pittore e architetto Luigi Vanvitelli (Napoli, 1700 – Caserta, 1773).

Il nome della cava è dovuto al fatto che fu Carlo III (1716 – 1788), Re di Napoli e di Sicilia ad interessarsene per la prima volta all’estrazione del brecciato in maniera particolare ed utilizzarlo per il Palazzo del Re di Napoli e per la Reggia di Caserta su indicazione del Vanvitelli, dove veniva trasportato via mare dai porti di Manfredonia e Barletta o via terra a mezzo carri.

Successivamente l’attenzione e la scoperta della vastità di questi giacimenti la si deve Leonardo Cera (1791 – 1848) di San Marco in Lamis Medico e studioso di Geologia, il quale scandagliò il territorio garganico e rilevando alcuni suoli intraprese una modesta attività estrattiva.

Dietro interesse del Ministero degli Affari Interni e della Reale Società Economica di Foggia, a scopo di un rilancio dell’economia Garganica, e di promuovere un’industria estrattiva, con R. Rescritto del 17 luglio 1839, viene interpellato il geologo Leopoldo Pilla ad una visita dei luoghi e lo studio dei marmi.  

La relazione del Pilla, presentata al Ministro Segretario di stato degli Affari Interni Nicolò Santangelo, scaturì al Cera il riconoscimento per le sue scoperte con la Medaglia d’Oro del Real Ordine di Francesco Primo.

Nel 1839 il geologo Leopoldo Pilla, si recò in Capitanata, e nell’occasione così si espresse: “…. Non posso tenermi dal dire che è il più bel marmo brecciato ch’io mi abbia fin qui veduto nel nostro Regno”.

Diverse furono le tipologie di marmo riscontrate dal geologo in tutto l’altipiano Garganico, non solo il brecciato corallino, ma anche: marmi fioriti rosa sul Monte Durante,  pregiati marmi bardigli sulla collina di San Giovanni in Piano nei pressi di Apricena, marmi piombini presso Torre Mileto, pregevolissimi marmi rossi presso la torre di Calarossa, marmi neri sulla marina lesinese e per finire, a nord di San Marco in Lamis, estesi giacimenti di alabastri.

Tutti questi tipi di marmi sopra descritti, presentati dalla Reale Società Economica di Foggia, gareggiarono alla “Solenne Pubblica esposizione di arti e manifatture” del 1853 a Napoli, mentre, nel 1861 un campione di “brecciato” fu inviato all’Esposizione Mondiale di Parigi.

Da atti trovati presso l’Archivio Provinciale di Foggia, sempre il Pilla, arricchisce la sua relazione con ulteriori informazioni sull’uso dei marmi. Di seguito riportiamo solo quelle che riguardano Foggia: Da un blocco di marmo brecciato abbandonato nel porto di Manfredonia ai tempi di Carlo III, il tagliapietre Raffaele Petrino costruì su commissione della civica amministrazione le vasche del “pubblico giardino di Foggia”. Nel 1821, sempre il Petrini, nella chiesa di San Pasquale, costruì l’altare maggiore con i due gradini che portano i candelieri e l’altare dedicato a San Lorenzo.

Chiesa di Sant’Agostino – Foggia

Dalla stessa cava provengono i marmi utilizzati per le vasche dell’acqua santa della chiesa di San Gaetano dei padri Scaloppi e della chiesa di San Tommaso Apostolo. Idem per il Battistero e le vasche dell’acqua santa della chiesa di San Tommaso Apostolo.  

Il Petrino, invece, lo utilizzò ancora per i due pilastri che si trovano davanti l’ingresso del palazzo dei fratelli D’Andreani a Foggia.  Ancora, della Cava del Re provengono i pilastri del pozzo rotondo di fronte al municipio di Foggia, mentre da Castel Pagano provengono le cimasi e le basi

Peccato che di queste sculture non possiamo avere conferma in quanto le loro tracce si sono perse nel tempo, restano i marmi custoditi ancora oggi nel sottosuolo Garganico, pur avendo suscitato interesse nel tempo non si è mai riuscito, con la loro estrazione, a dare al territorio quella svolta economica tanto attesa. 

Acquasantiera chiesa di San Domenico – Foggia

Fonte: “IL GARGANO” illustrazione geologica dei preziosi marmi ed alabastri garganici – Leopoldo Pilla – Firenze tipografia Baracchi 1867

Scritto da Romeo Brescia

Pubblicato il: 12 Nov 2022

Un approfondimento di Tommaso Palermo.

Leopoldo Pilla (1805-1848)

Il celebre geologo molisano Leopoldo Pilla (1805-1848).
Studiò il cosiddetto “schisto alberonese”, un combustibile fossile da lui riscontrato in località Canale di Toro e studiato anche dall’eclettico economista foggiano Francesco della Martora.
Si occupò di geologia e mineralogia durante il proprio soggiorno ad Alberona anche il lucerino Raffaele Cassitto, che conobbe Leopoldo Pilla proprio ad Alberona. Quest’ultimo lasciò uno scritto dei propri studi dal titolo:”Sul combustibile fossile di Alberona” nel “Giornale degli atti della Reale Società Economica di Capitanata”, vol. V, Napoli, 1839-1840, pp. 109-111.

 

 

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