LA FABBRICA DEL FREDDO
Di Raffaele de Seneen e Romeo Brescia
Ce n’è voluto di tempo perché l’uomo trovasse anche nel nemico freddo un alleato, nella neve una “amica”, un valido aiuto ai suoi bisogni. Ma il passaggio dal mero fenomeno meteorologico allo sfruttamento industriale del freddo avverrà molto lentamente.
Si perde nella notte dei tempi l’origine delle neviere (o nevai), le nostre sul Gargano e Sub-Appennino. Scavate nella roccia, o fruendo di anfratti e grotte già esistenti che con un minimo intervento dell’uomo servivano a conservare la neve, caduta durante il periodo invernale, ammassata e pestata stratificandola con paglia o fogliame, per poi poterla vendere durante tutto l’arco dell’anno.
Un importante commercio, un’attività così particolare che veniva data in concessione a seguito di un appalto pubblico.
Ci vorrà del tempo ancora, fine ‘800 inizi ‘900, perché le neviere fossero soppiantate dalla produzione a livello industriale del ghiaccio.
Appositi stampi immersi in un’enorme vasca dove circolava una soluzione salina raffreddata da compressori che facevano funzionare serpentine in cui scorreva un gas liquefatto, di solito l’ammoniaca.
Così si ottenevano dei parallelepipedi di ghiaccio, stecche, delle dimensioni di cm. 25 x 25, lunghe un metro, del peso di circa 25 chilogrammi.
La neve ghiacciata e poi lo stesso ghiaccio trovavano uso per la conservazione degli alimenti, in particolare durante i mesi più caldi, nelle macellerie, negli ospedali e cliniche private per la crioterapia.
Antesignani del frigorifero e del freezer, mobiletti di legno simili ad un comodino o a forma di cassapanca, coibentati con strati di sughero e rivestiti di zinco, avevano un apposito vano dove introdurre il ghiaccio per produrre il freddo e lo sportello frontale, o il coperchio, per l’accesso al vano dove riporre i viveri.
Anche Foggia ebbe la sua fabbrica del ghiaccio, a metterla su fu Ludovico Sebastiano nel 1890, l’attività venne proseguita dal figlio Mario.
La fabbrica sorgeva su Viale Fortore, quasi di fronte all’attuale Consorzio Agrario, all’epoca zona attraversata da tratturi e tratturelli. Inoltre, la fabbrica aveva rivendite al minuto in città, in via San Lorenzo in prossimità di un’edicola votiva alla Madonna, poi all’imbocco di Via Michele Angiolillo con accesso da Piazza XX Settembre. La ditta nel periodo di piena produzione vantava un numero rilevante di operai e un proprio mezzo per il trasporto del ghiaccio alle rivendite cittadine.
Ai grossi consumi si affiancavano quelli al minuto, familiari, infatti, durante i periodi di calura estiva non era raro vedere qualche ragazzo recarsi a comprare un pezzo di ghiaccio per rinfrescare l’acqua e il vino per il desinare.
Quasi strategica l’importanza delle fabbriche del ghiaccio a Foggia, sia dal punto di vista igienico che commerciale, tanto che durante il periodo post-bellico gli anglo-americani requisirono la fabbrica della ditta Vinella, l’unica più attrezzata del capoluogo. La popolazione ne ebbe un grave disagio visto che la fabbrica Sebastiani da sola non riusciva a coprire il fabbisogno della popolazione che a gran voce ne reclamò la derequisizione rivolgendosi al Town Major.
Restano nei ricordi del passato la neve condita col vino-cotto, la “grattamarianna” ottenuta facendo scorrere un apposito attrezzo sulla stecca del ghiaccio che produceva piccole scaglie di ghiaccio poi aromatizzate con succo di limone, e ancora il detto:”Sta chese è ‘na nevèije” ad indicare una casa fredda come una neviera. Mentre nessun bambino poteva immaginare che nel carrettino del gelataio, il cui passaggio era sempre atteso, erano nascoste un paio di stecche di ghiaccio per mantenere il prodotto nella sua consistenza ideale.
Dalla neve al ghiaccio, dalle ghiacciaie ai più moderni elettrodomestici per produrre il freddo, eppure è facile sentire i giovani, le nuove generazioni foggiane, darsi appuntamento alla “Ghiacciaia” (*), un locale a centro città, tavoli dentro ed anche fuori nello stretto vicoletto (Vico De Rosa), per consumare in compagnia una birra fresca.
(*) Trattasi di una vecchia birreria (da Paulùcce) sorta nel 1932 che si dotò di un piccolo impianto per l’autoproduzione del ghiaccio
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