Una scultura di Tino di Camaino a Foggia

 

UNA SCULTURA DI TINO DI CAMAINO A FOGGIA

Nel patrimonio artistico foggiano di proprietà dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini è presente un piccolo ma significativo manufatto medievale, custodito a Foggia in uno degli antichi conventi, che per integrità e caratteristiche che ne orientano distintamente l’attribuzione, costituisce indubbiamente una preziosa testimonianza artistica e culturale del passato.

Tale frammento marmoreo, notato anni fa dal sottoscritto, ha destato da subito una forte curiosità personale legata al fatto che le caratteristiche evidenti lo riportavano certamente all’epoca medievale.

Il San Francesco custodito dai Frati Minori Cappuccinia a Foggia

Il manufatto in questione è un rilievo marmoreo ritraente san Francesco d’Assisi, delle dimensioni complessive di 54 x 29 cm circa. Il santo è ritratto frontalmente a mezza figura all’interno di un’edicola cuspidata, con il volto a tre quarti verso la propria sinistra, una croce nella mano destra ed il Vangelo nella sinistra. Al di sotto della cuspide è inserita la figura di un profeta, mirante nella stessa direzione del santo e sostenente un cartiglio srotolato. Il manufatto marmoreo è circondato da una spessa cornice lignea posticcia.

Il pregevole elemento è chiaramente un frammento di una composizione più articolata ed è collegabile a modelli stilistici mediati dalla cultura gotica. Data la raffinata fattura e l’evidente connotazione medievale, il sottoscritto ha sottoposto una foto dello stesso in primis all’attenzione dell’amico ed appassionato di storia medievale Alessandro De Troia il quale lo ha presto associato alla bottega di Tino di Camaino, artista senese (Siena 1285 circa-Napoli 1337 circa), discepolo di Giovanni Pisano ed attivo in Toscana e, per lungo tempo, a Napoli, presso la corte angioina di Roberto d’Angiò, quale scultore di corte, ed al servizio dell’aristocrazia del Regno. Un artista prolifico che ha lasciato traccia anche in centri “minori” come Cava de’ Tirreni e nella penisola sorrentina ed in quella amalfitana.

Un ulteriore aiuto iconografico e bibliografico all’interno di questa interessante discussione è stato dato dallo storico dell’arte Federico Fischetti in servizio presso le Gallerie Estensi di Modena.

Sulla base degli elementi raccolti, sono state contattate successivamente le professoresse di storia dell’arte medievale Rosanna Bianco e Maria Stella Calò Mariani, attive presso l’ateneo barese e figure di indiscussa competenza internazionale nell’ambito della produzione artistica medievale nell’Italia Meridionale che ne hanno confermato la datazione e la contestualizzazione storico-artistica.

Un ulteriore interesse è stato mostrato da parte di Padre Mario Villani, storico dell’Ordine dei Frati Minori, il quale ha consigliato una ricerca d’archivio di eventuali fonti scritte collegabili con la scultura.

A rafforzare l’ipotesi di attribuzione della bottega, se non della mano di Tino stesso, vi sono l’inquadramento compositivo che trova riferimenti quasi speculari in altre sue opere ed una serie di dettagli quali: la posa, le mani e la resa del volto, in particolar modo degli occhi.

Tino di Camaino, San Giovanni Battista, collezione privata (Artnet.com)

Dalla collaborazione intensa con Alessandro De Troia sono emersi elementi utili per tracciare un quadro d’analisi il più possibilmente esaustivo. Utilissimo, a tal riguardo, il confronto con un rilievo molto somigliante, attribuito a Tino di Camaino, già studiato da Federico Zeri ed oggetto di asta nel 2001, custodito attualmente in una collezione privata e raffigurante il Battista sovrastato da un profeta: identici il materiale, le dimensioni, l’epoca e la composizione delle due figure con l’esemplare foggiano.

Nell’estate del 2019 è stato inoltre battuto all’asta in Inghilterra un altro San Giovanni Battista, erratico come i precedenti ma frammentario poiché privo degli altri elementi esterni all’ edicola. Anche questo elemento marmoreo è stato posto in stretta correlazione dagli esperti con Tino di Camaino o maestranze a lui vicine.

Alessandro De Troia ha posto l’attenzione su un ulteriore raffronto, quello con un San Francesco presente a Napoli nel museo del complesso di San Lorenzo Maggiore: nonostante alcuni dettagli plastici siano ascrivibili a mani e probabilmente a botteghe diverse, entrambe le sculture mostrano una stretta correlazione di ordine estetico e storico.

Il raffronto con una scultura esposta a Napoli al museo di san Lorenzo Maggiore

Queste testimonianze diverse hanno un comune denominatore che ci porta a guardare il rilievo foggiano nella prospettiva culturale del gotico angioino, in un mélange permeato di elementi lontani che trovarono nel Meridione occasione di espressione e modello, si pensi (oltre al senese Tino) ai fratelli fiorentini Giovanni e Pacio Bertini.

Tino di Camaino, San Giovanni Battista, collezione privata (Artnet.com)

Di difficile ipotesi è certamente quella della composizione in cui il frammento foggiano era inserito; si potrebbe immaginare un contesto funerario, in cui la figura del santo avrebbe giocato un significato specifico e profondo in relazione al defunto, sia esso laico che consacrato come nel caso del sarcofago commissionato a Tino dal francescano Michele Carmine ed attualmente esposto nella sacrestia della chiesa del convento francescano di Sant’Antonio ad Amalfi (oggi trasformato in Hotel Luna).

Non è altresì improbabile che l’elemento facesse parte di un trittico poi smembrato, sorte che toccò a quello di Tino di Camaino e bottega (studiato anche dal Toesca) raffigurante il Battista, la Madonna con Bambinello e san Pietro, attualmente custodito fra Newark, Castrovillari e Massa Lubrense.

A conclusione di questa proposta di analisi viene spontaneo domandarsi se il frammento in questione sia stato prodotto per una commissione foggiana o sia giunto da altrove quale frammento erratico, forse donato al convento da un frate.

Non dobbiamo però dimenticare che Foggia, durante l’epoca angioina, fu uno dei centri nevralgici del potere del Regno e, come avvenne all’epoca della dominazione precedente, continuò ad attrarre maestranze di un certo calibro, chiamate a soddisfare in loco delle committenze importanti.

Non sono pochi gli studiosi che si sono misurati col patrimonio artistico locale tramandatoci dai secoli e riteniamo, in conclusione, che questo elemento, fino ad oggi trascurato, ci permette di aprire nuove prospettive di rilettura del passato, andando ad arricchire il già prezioso ventaglio di artisti e fermenti che caratterizzarono nel Medioevo tutto il Meridione e città come Foggia.

A cura di Tommaso Palermo

 

Per approfondire:

Luisa Becherucci, Marmi di Tino di Camaino a Napoli, Bollettino d’Arte, Serie III, vol. 28 (1934/35) pag.313-322.

Giulietta Chelazzi Dini, Pacio e Giovanni Bertini da Firenze e la bottega napoletana di Tino da Camaino, 2006.

Arduino Colasanti, Tino di Camaino inedito, Bollettino d’Arte, Serie III, vol. 28 (1934/35) pag.421-425.

Naoki Dan, Il sepolcro del cardinale Petroni nel Duomo di Siena di Tino di Camaino: una nuova lettura, Accademia dei Rozzi, anno XXV/2 – 2018 – N. 49, pagg. 3-13.

Pierluigi Leone de Castris, Tino di Camaino tra Amalfi e Sorrento, Napoli Nobilissima, VII Serie , Volume IV, fascicolo III – settembre – dicembre 2018, pagg. 5-15.

Pubblicato il: 5 Mar 2022

 

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