Monastero Santa Chiara – Descrizione del terremoto del 20 marzo 1731

MONASTERO SANTA CHIARA – FOGGIA

Descrizione del terremoto del  20 marzo 1731

  a cura di Bruno e Donatella Di Biccari

Stemma Santa Chiara

Stemma ordine monastico di Santa Chiara presente nel chiostro.

La Badessa racconta che nonostante i due anni di infermità epidemiche, le Sacre Missioni disposte dal Monsignor Giampietro Faccolli Vescovo di Troia, il popolo poco curando degli avvisi, attesero a camminare sull’istessa strada della dissolutezza, che già ridotti l’avea all’orlo della dissaventura, mentre erano  pronti a celebrare la Pasqua, il venti di marzo giorno di Martedì Santo verso le dieci ora del mattino, uno spaventoso terremoto colse la maggior parte degli uomini mentre erano dediti al sonno, ed Ella racconta “che dovean gli abitatori restar senza meno tutti sepolti infra le pietre ed estinti; ma  (come piamente si crede) la valevola protezione di Maria Sempre Vergine dalla Cuna-vetera, di cui questa Città  sempre visse devota, gli rubbò dalle fauci della morta, permettendo appena che poco più di mille persone restassero sotto le rovine estinte. Quale fosse l’orrore  degli uomini rimasti per miracolo vivi, lo lascio alla considerazione di chi legge: basta il dire che la Città viddesi in un istante disabitata, i Monasteri abbandonati, i Sacri Tempi devastati, ed i cittadini, qual altri giudei su la  sponda del fiume di Babilonia; nell’aperta campagna dirottamente piagneva quali la morte dei congiunti, quali la perdita dei loro averi, altri la desolazione della città, ed altri l’enormità dei loro falli. I sacri Sacerdoti, o fosse stato effetto dell’orrore concepito, o special castigo di Dio, perché pria non furon intesi, non solo non ebbero per molti giorni spirito d’aprire la bocca, affinché si indisse infra la moltitudine il ribombo della divina parola; ma quasi dimenticati del loro Sacerdozio, nei sacri giorni pasquali per mancanza di Altari, feron mancare al Popolo il Sacro Santo Sacrificio della Messa.

I cittadini intanto vedendosi in tal conflitto umiliati, come coloro che erano sempre in braccio alla prosperità vissuti, cominciaron a voltar faccia, ed i principali furono i primi, che temendosi per affatto perduti, andavan sussurrando l’abbandono della Città con mira di fare altrove domicilio. Risoluzione peraltro rimproverata dagli uomini di miglior sennado, ed affatto disapprovata dal Cielo, che a forza di prodigi, ben gli fa capire, esser sua volontà arrestarli in quell’istesso luogo, ove avean sortita la nascita. Veniva in questa Città con ispecial venerazione adorata l’immagine della Vergine Sacrosanta detta della Cuna-vetera, come quella alla di cui divozione fu edificata la Città, siccome dalle antiche tradizioni si ricava, a tanta fu la venerazione, in cui da principio fu tal immagine tenuta, che  conserva il volto con sette veli neri, come di presenza si osserva, si stimavan indegni gli uomini di vedere la sua faccia fu accaduta la narrata disgrazia  della Città, e rovinata non men che l’altra la Cappella di essa Signora nella Collegiata eretta, per salvare un tanto tesoro, fu il secondo giorno del terremoto a gran rischio da Padri Cappuccini trasferita nel loro Convento, ove disposta una picciola Baracca, esposta la Sacra Immagine alla venerazione del pubblico per sollevare il loro cuore in un mare di mestizia naufragato.”

La Badessa dopo aver descritto il terremoto, le lamentele del popolo, la mancanza della parola di Dio, racconta il miracolo della Iconavetere  e asserisce che per questo intervento  della Madonna i foggiani pensarono bene di rimanere a Foggia, sistemandosi adeguatamente nelle baracche per poi riedificare la città: Nell’atto che il Popolo pregava, si degnò la prima volta la gran Signora far vedere al Popolo afflitto quel suo santissimo volto, tanti secoli agli occhi degli uomini nascosto;  e replicando di giorno in giorno sino al dì d’oggi si tal favore, conforta i Cittadini in tanta speranza, che stimandosi ancor protetti dalla Vergine, incominciavano a discorrere di quel che avevano premeditato, e risolsero per all’ora di  accomodarsi con Baracche nel modo più possibile, per intraprendere poi a tempo più congruo di riedificare la desolata Città.  Il Monastero di Santa Chiara per la vastità del sito, sarebbe dovuto crollare dalle fondamenta e tutte le religiose potevano restare sotto le macerie.   “Questo non fu permesso dalla Divina Provvidenza”, così come riportato dalla Badessa in una sua memoria conservata presso l’Archivio Diocesano di Foggia Il Monastero pur notevolmente lesionato non crollò, la Chiesa rimase lesionata, perché era crollato il vicino Palazzo di Ricciardi, finendo sulla parte anteriore del Coro. Racconta la Badessa che le Suore si erano rifugiate nella Chiesa per raccomandarsi a Dio, si erano salvate grazie alla tenuta della porta del Coro. Prima del terremoto ci sono stati due anni di infermità epidemiche ed erano morte 10 Suore, mentre in quest’occasione era morta solo una Suora.

 

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