Napoleone “’u melunàre” foggiano

 

Napoleone “’u melunàre” foggiano

 

Fin da bambino ho abitato sempre nel rione della Parrocchia di Santo Stefano a Foggia e ricordo che un tempo il suo tessuto abitativo era composto da persone che prevalentemente svolgevano lavori umili: il bracciante, il carrettiere, il vignaiolo, il maniscalco, il lattoniere, il cordaio, il carbonaio e così via. Di questi antichi mestieri, in parte scomparsi, è difficile mantenere memoria e poterli raccontare oggi, ma di quello del “” (venditore di meloni) ci voglio provare ricorrendo all’aiuto della sig.ra Mara Annarelli, memoria storica della sua famiglia che per molti anni lo hanno praticato.

Antonio Annarelli

Passati ad un tono più confidenziale, Mara mi racconta di suo nonno Antonio, classe 1898, che ha svolto il lavoro di “melunàre” per moltissimi anni vicino alla chiesa di Gesù e Maria, lavoro poco redditizio a quei tempi, visto i pochi mesi che lo si praticava (da luglio a Settembre), per questo il resto dell’anno sempre in via Matteotti davanti alla sua umile casa, posizionata sotto il livello stradale, lui svolgeva il lavoro di “scarpàre” (calzolaio) e la moglie Nicoletta Lipergolis quello di “coccijara” (Venditrice di vasi in terracotta),  tutti lavori umili che insieme davano il minimo sostentamento a tutta la famiglia.

Salvatore Annarelli e sua moglie

 

 

Durante il periodo post bellico uno degli otto figli di Antonio, Salvatore, si ammalò gravemente, un medico americano si recava ogni giorno per le cure del caso e viste le difficoltà economiche della famiglia si offrì di adottarlo. Antonio si rifiutò categoricamente, Salvatore era sempre al suo fianco in particolare durante i mesi estivi per la vendita dei meloni, staccarsi sarebbe stato un dramma sia affettivo che economico, anche se di contro per lui vi era la proposta di una vita migliore.

Salvatore classe 1934, papà di Mara, nella sua vita ha fatto i mestieri più svariati dal facchino, muratore, fruttivendolo ma quello che più gli piaceva fare era la vendita dei meloni. Il suo approccio a questo lavoro era come una grande festa dove ritrovava riti e gesta tramandati dalle mani sapienti del padre. Tutti a Foggia lo ricordano con l’appellativo di “Napoleone”, Mara mi spiega che gli era stato dato dai clienti che notavano una forte somiglianza con il noto imperatore a causa del taglio inconfondibile dei capelli.

Ogni anno il cerimoniale era sempre lo stesso, mi spiega ancora Mara: mio padre doveva procurarsi i regolari permessi per l’occupazione del suolo pubblico per poi passare alla costruzione del chiosco in legno, che non serviva solo per proteggere la merce ma anche come dimora per mio padre, il quale non abbandonava mai la sua postazione per timore di furti.

Il chiosco di Salvatore Annarelli nel 1960

Al suo interno tutto l’occorrente per la vendita: il bancone con il piano in marmo utile per il taglio del melone a fette, una bilancia a sfera, una cassetta in legno per i soldi, appeso ad un architrave “ ‘u valanzone” (stadera) con il piatto per pesare i meloni interi, “ ‘a curtelle” il grosso coltello che adoperava per tagliare il melone, un grande contenitore a pozzetto in lamiera zincata coibentata dove al suo interno si introducevano grossi blocchi di ghiaccio per rinfrescare i meloni, infine non mancava la piccola statuetta dell’Imperatore Napoleone.

Questo lavoro in molti foggiani suscita il ricordo di un antico rituale, infatti nelle calde e afose notti di agosto che caratterizzano la nostra città era solito dire tra amici: “ijèmece ‘a magnijà na fèlle de mèlone da Nàpuleone” (andiamo a mangiare una fetta di melone da Napoleone). Il chiosco era posizionato all’angolo di Via della Rocca con i suoi colorati e caratteristici cartelloni che recitavano: «Angurie al ghiaccio, solo da Napoleone», «mangiate il melone, contiene ferro», «Quelli Della Notte» (riferimento alla trasmissione televisiva di Renzo Arbore).

Dopo una piacevole passeggiata lungo Corso Giannone all’ombra dei freschi e profumati tigli era quasi d’obbligo fermarsi da Napoleone e gustare una fetta al ghiaccio per poi continuare verso la meravigliosa Villa Comunale. Spesso era facile incontrare gente di spettacolo come: Renzo Arbore, Mara Venier, Michele Placido, i tanti musicisti del Festival jazz e molti altri artisti, tanto da essere annoverato come “il salotto di Foggia”.

Michele Placido davanti al chiosco di meloni

 

Oggi di tutto questo resta solo “‘a curtelle”, il grosso coltello che Salvatore Annarelli adoperava per tagliare i meloni; lo custodisce gelosamente e amorevolmente la figlia, come si custodisce la spada di un grande guerriero, per l’appunto: “NAPOLEONE”. Lui ha saputo aggiungere una nota di colore folcloristico tutta sua alla nostra città, lasciando il ricordo come uomo geniale in un mestiere che non c’è più.

Scritto da Romeo Brescia

 

 

 

Pubblicato il 22 febbraio 2024

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“Ijèmece ‘a magnijà na fèlle de mèlone da Nàpuleone” (andiamo a mangiare una fetta di melone da Napoleone)

Salvatore Annarelli e Gianni delli Carri – Fotografo IN

 

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